L’INVENTORE DEI CINQUE STELLE E I TIMORI DEI PARTITI
Subito dopo i risultati alle amministrative Beppe Grillo elaborò la sua teoria: “Al Movimento 5 Stelle va il voto di chi prima si asteneva, il voto di molti cittadini che si erano allontanati dalla politica”. Eppure, basta guardare le ultime analisi disponibili (e, per la verità, anche i dati di
allora) per capire che la crescita dei 5 Stelle non va di pari passo con la diminuzione dell’astensionismo: ovvero, ci sono ancora molti italiani (il sondaggio Tecnè per l’Unità parla di 48 per cento) che non sanno né se andranno a votare, né per chi. Eppure il consenso a Grillo cresce: dal 4 per cento del luglio di un anno fa (spiega ancora Carlo Buttaroni su l’Unità) al 13 per cento del luglio 2012. Dove li va a prendere questi voti? Abbiamo chiesto ad alcune firme del giornalismo e della società civile che ne pensano. Mentre Grillo fa la vittima e azzarda paralleli con “gli anni di piombo”, dove vigeva la regola del “li diffami, li isoli e poi qualcuno li elimina”, abbiamo provato a ribaltare i ruoli: chi ha paura del movimento di Beppe Grillo?
“Lo hanno creato nomenklature mediocri”
Chi ha paura di Beppe Grillo? Chi lo ha creato. Le nomenklature della partitocrazia, attaccate alle poltrone del Parlamento molto più che le cozze allo scoglio. Gente senza arte né parte, tranne quelle della menzogna, delle promesse tradite, dell’insofferenza per l’informazione libera e imparziale e di un’avversione all’autonomia della magistratura che è ormai diventata per loro una seconda natura. Un mondo di mediocri di mediocrità ciclopica, che può restare a galla solo perpetuando meccanismi monopolistici che riducono la democrazia a beffa. Non a caso, vilipendono come antipolitica tutte le esperienze di impegno civile e le lotte che da oltre dieci anni propongono invece un’Altrapolitica. Di chi deve avere paura Beppe Grillo? Solo di se stesso, delle eventuali contraddizioni, ambiguità, reticenze (chi sceglierà i candidati di M5S, con quale trasparenza?), del rifiuto al confronto vero, del settarismo verso altre forze – già esistenti o in fieri – che fermentano nella società civile.
Vittorio Feltri
“È la gente che non si fida più di nessuno”
Hanno tutti paura di Grillo. Quest'uomo, può piacere o non piacere, costituisce di fatto una minaccia per il sistema. C'è poco da riderci su. Qualcuno la considera una benedizione, perché questo sistema è marcio, perduto, incapace di risorgere e di rinnovarsi. Basta vedere lo stato dell'arte delle riforme: non hanno fatto nulla. Per questo tutti hanno paura, c'è gente terrorizzata nel centrosinistra così come nel centrodestra. Grillo porterà a casa una quota consistente di voti e toglierà la possibilità di governare a uno dei due schieramenti: Pd e Pdl saranno condannati ad andare d'accordo, li costringerà a fare la grande coalizione. Se poi la grande coalizione non combinerà un granchè, come prevedo, Grillo avrà un ampio margine di miglioramento. Poi bisogna vedere chi altro ci sarà sulla scena: per esempio Montezemolo un 10 per cento potrebbe anche prenderlo. La gente non si fida più di nessuno, per cui anche l'ultimo pirla che parla, potrebbe suscitare favori.
Maurizio Viroli
“Quei democratici sedotti da Casini”
A giudicare dai toni usati nei riguardi di Grillo e del suo movimento, pare evidente che a temerlo è soprattutto il Pd, per la buona ragione che il linguaggio del comico può facilmente conquistare larghi consensi fra il suo elettorato. Ma la paura, anche in questo caso, è pessima consigliera e porta i dirigenti del Pd non solo a rispondere spesso con sprezzante alterigia al linguaggio violento e sarcastico di Grillo, ma soprattutto a cercare sostegni e aiuti in personaggi seriamente compromessi con Berlusconi, in primis Casini. Il primo errore è grave perché sul terreno degli insulti, dell’ironia e del sarcasmo Grillo è più efficace, mentre se chiamato ad argomentare seriamente rivelerebbe sua debolezza culturale e politica. Il secondo è gravissimo: ogni volta che Bersani o altri dirigenti Pd annunciano la loro volontà di dialogare e governare con Casini o addirittura Alfano, i suoi elettori migrano a centinaia verso altri lidi, o vanno a rafforzare l’esercito dei non votanti. Se invece il Pd si decidesse a perseguire una seria politica di alternativa radicale a Berlusconi e al berlusconismo, Grillo perderebbe gran parte della sua forza.
04 settembre 2012 - Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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