martedì 4 settembre 2012

LA DESTRA NON SA COME SCARICARE IL FALLIMENTO ALEMANNO (di Carlo Tecce)


Si parla della Meloni, ma per tutti la candidatura è un rischio

Il punto di partenza è già un punto d'arrivo: Gianni Alemanno non ha fiducia in Gianni Alemanno. É un’illuminante presa di coscienza, però tiene il sindaco di Roma incatenato ai propri errori e ai propri (futuri e vicini) fallimenti.

Il romano di Bari avverte la rovinosa caduta elettorale: al secondo mandato ci credono soltanto i suoi sondaggisti e consulenti di sostegno, Luigi Crespi; un pezzettino di ex Alleanza Nazionale; nemmeno un naufrago di Forza Italia e neppure i palazzinari unti nel cemento. Di buon umore, palazzo Chigi ha smentito la telefonata del Cavaliere ad Alemanno (fonte Repubblica) per convincerlo a una ritirata strategica in favore di Giorgia Meloni.
Giorgia Meloni e Gianni Alemanno
Due cose non tornano: il sindaco non ha bisogno di lavaggi cerebrali, già quattro anni fa temeva la sconfitta e vinse, figuratevi oggi; l’ex ministro non vuole bruciare la carriera per coprire l'inettitudine di Alemanno. Non senza niente in cambio: a precise garanzie, si può parlare.

La Meloni apre un elenco vastissimo (“Andiamo avanti con Gianni”), che va oltre i confini di partiti più o meno fusi, più o meno ancora operativi. I berlusconiani veraci non scommettono un euro su Alemanno, ma non s’intravedono giovani o vecchi politici disposti a immolarsi per un onorevole massacro contro Nicola Zingaretti (Pd), che aspetta le primarie per trionfare con qualche mese di anticipo.

Il sindaco indica l’uscita di emergenza: un paracadute a Montecitorio, un posticino tranquillo e abbastanza inosservato. Però dovrebbe dimettersi entro settembre per evitare il giudizio di quella Giunta per le incompatibilità che, ultimamente, perdona di rado: il primo cittadino di un comune oltre i 200mila abitanti non può avere continuità di carica se la scadenza della legislatura coincide con l'apertura dei seggi; resta la clemenza, certo, e i condoni, pure.

Alemanno voleva spingere in battaglia l'imprenditore Luigi Abete o il poliedrico Giovanni Malagò, scomparsi sin da subito. In contrasto con se stesso, ormai abbattuto, Alemanno ha citato Obama per replicare su Twitter, non a Clint Eastwood bensì ai suoi numerosi oppositori: si è fatto fotografare di spalle con la frase di Tito Livio “Hic manebimus optime” (qui staremo benissimo).

Non funziona la sincronia perché lì, in Campidoglio, Alemanno ci sta in qualche modo, forse non benissimo, dal remoto 2008 e s'è guadagnato il soprannome di Aledanno per il traffico, i lavori, le piogge miste a neve e le raccomandazioni nostalgiche ad amici di amici. Per correggere la “balla ridicola”, Alemanno ne confezione una personalissima: “Lo ribadisco ancora una volta: sono candidato a sindaco di Roma e ricordo a tutti che ci saranno le primarie del 26 gennaio prossimo”. Ecco, le primarie immaginarie. Da solo, potrebbe vincerle. A tu per tu con la Meloni, non c'è scampo.

I berlusconiani sperano di proporre un candidato non berlusconiano, un tecnico salvavita: l’aspirazione più complessa, e forse più ecumenica, si chiama Anna Maria Cancellieri. Il ministro dell'Interno, ex prefetto a Bologna durante il commissariamento, appare irraggiungibile.

Chi presidiava le piazze con Alemmano, e ora non lo cerca o lo evita, commenta: “Non vuole fare la campagna elettorale, vuole tirarsi fuori molto prima. Il centrodestra vorrebbe cedere il controllo senza perdere il potere.

Forse a Giorgia Meloni la proposta piacerebbe, ma per Alemanno sarebbe troppo umiliante”. Anche il sindaco ha un limite. A parte se stesso.

Carlo Tecce - 04 settembre 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
.

0 commenti:

Posta un commento