Può darsi che Grillo, come sempre, abbia esagerato quando ha detto che partiti e media al seguito, insultandolo ogni giorno con una campagna di “odio”, istigano a delinquere contro di lui qualcuno che potrebbe passare “dal tiro al bersaglio metaforico a quello reale, come negli anni di piombo”. Certo ha sbagliato le parole: anche lui
usa l’insulto come arma di lotta politica; e tirare in ballo l’odio – come fecero B. e i suoi giannizzeri, attribuendo a chi lo criticava la qualifica di “mandante morale” dell’attentato della statuetta – non è solo un déjà vu: è un’assurdità, visto che almeno i sentimenti dovrebbero restare fuori dalla dialettica politica. Ma le reazioni del mondo politico e giornalistico (sempre più simili, tanto da sembrare ormai un tutt’uno) è penosa. Francesco Merlo, su Repubblica, arriva a scrivere che, siccome Grillo è un comico, non va preso sul serio. Forse non gli è ancora giunta notizia che Grillo è il fondatore e il promotore del Movimento 5Stelle che alle
ultime amministrative, con candidati tutt’altro che comici (semmai giovani), ha raccolto l’8,2% ed è ormai nei sondaggi il terzo partito d’Italia (con circa il 15%). Resta poi da capire perché dovremmo prendere sul serio i politici di professione che hanno trascinato l’Italia alla bancarotta. Scrivere, infine, che “persino se lo trovassimo steso per terra, penseremmo: guarda cosa deve fare per tirare a campare un povero professionista del ridicolo” fa semplicemente accapponare la pelle. Perché non si può affatto escludere che qualcuno prima o poi sogni di (o addirittura lavori per) mettere “Grillo steso a terra”. Forse una ripassatina alla storia patria non guasterebbe: si scoprirebbe che nei momenti di passaggio – come nel 1992, al tramonto della Prima Repubblica, e come oggi, al tramonto della Seconda – si muovono dietro le quinte forze oscure. E forse nemmeno tanto: mafie, servizi più o meno deviati, logge più o meno spurie, insomma gli stessi soggetti che nel '92 tentarono di infiltrare la Lega, che a quel tempo, per il Sistema, possedeva la stessa carica dirompente che oggi possiede il movimento di Grillo. Fu allora che il presidente Cossiga suggerì, per eliminare Bossi, di “infilargli una bustina di droga in macchina”. Le mafie e le loro quinte colonne nelle istituzioni votano e fanno votare. E, se non trovano interlocutori affidabili, sparano – magari travestite da Falange Armata – per farli uscire allo scoperto e trattare. Grillo, da questo punto di vista, è totalmente inaffidabile. “Per fare politica in Italia devi essere ricattabile”, disse un giorno Giuliano Ferrara col consueto cinismo. Ecco: Grillo ha tanti difetti, ma non è ricattabile, avvicinabile, trattabile. L’idea che il suo movimento condizioni la politica dei prossimi anni non può che allarmare i criminali d’alto bordo adusi alle trattative e ai patti sottobanco con politici di lungo corso, molto ricattabili, avvicinabili e trattabili (anzi, spesso già ricattati, avvicinati e trattati). In Parlamento, specie a destra e al centro, ma anche nel centrosinistra, le mafie hanno i loro interlocutori. In 5 Stelle, anche per motivi anagrafici, no. Si può pure ironizzare sull’allarme di Grillo: ma sempre ricordando che, quando parla, tuona, insulta (ma propone pure, anche se nessuno si confronta mai sul merito delle sue proposte), lo fa senz’alcuno scudo tra la sua faccia e la gente. I politici che, soprattutto a sinistra, gli danno del populista, barbaro, fascista, nazista, assassino e altre carinerie (le ultime sono un compenso in nero, subito smentito, e un appello – falso pure quello – a picchiare i marocchini: a proposito di “macchina del fango”), lo fanno ben scortati e nascosti dietro plotoni di uomini armati. Eppure anche i politici più a rischio lo sono infinitamente meno di Grillo. Dargli una martellata in testa è la cosa più facile del mondo. E anche infilargli una busta di droga in macchina: anche perché la macchina è la sua, non un’autoblu con autista e gorilla.
Marco Travaglio - 06 settembre 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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