sabato 26 maggio 2012

Partiti, fate qualcosa di necessario: abolite il Porcellum

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Caro direttore, c’è un'unica cosa che i partiti, o quel che ne resta, potrebbero dire al Paese per cercare un minimo di riqualificazione. E cioè: ci rifiutiamo di mandare l'Italia alle urne con il Porcellum, vogliamo restituire al corpo elettorale il potere di scegliere gli eletti. Non mi
spiego perché ci sia tanta resistenza a prendere posizione in questo senso. Non me la spiego soprattutto nel Partito democratico, che anziché tormentarsi sul tema delle alleanze e delle liste civiche, su Grillo o sui rottamatori, dovrebbe esercitare tutto il suo potere e la sua forza per archiviare “l'Italia dei nominati” sfuggendo alla tentazione di sfruttare la rendita di posizione che il sistema attuale in teoria gli garantisce. Tutto quello che abbiamo visto negli ultimi due anni nelle piazze e nelle urne è legato alla richiesta di una rappresentanza decisa dalle persone e non dalle burocrazie politiche.

La mobilitazione delle donne di “Se non ora quando” ebbe come epicentro il caso di Nicole Minetti e dei sistemi di selezione delle cosiddette quote rosa. Il corteo per la Costituzione del 12 marzo successivo mosse dalla protesta per il tentativo di cambiare la Carta da parte di un Parlamento del tutto screditato. E poi le amministrative di Milano e Napoli con la vittoria degli “outsider”, il raggiungimento del quorum sui quattro referendum e il successo della raccolta di firme per l'abolizione del Porcellum (con il quesito poi bocciato dalla Corte costituzionale): tutto ci ha parlato e ci parla del desiderio collettivo di esercitare fino in fondo i diritti di cittadinanza, scegliendo oltre le pigre indicazioni delle segreterie di partito. E anche la valanga di voti al Cinque Stelle, marca la riappropriazione dello spazio pubblico da parte della “gente normale”, non più disposta a mettersi in coda nelle anticamere di qualche assessore elemosinando una carriera in politica.

Che Silvio Berlusconi la butti in caciara è naturale. L'unica speranza del Cavaliere per conservare almeno un ruolo di interdizione nella prossima legislatura è perpetuare il bipolarismo malato del Paese, e quindi la legge elettorale che lo ha costruito, con il vantaggio ulteriore di portare a Montecitorio una “legione tebana” di fedelissimi votati a scatola chiusa e quindi legati al Capo da un inossidabile patto di fedeltà. Ma gli altri? Non c'è un coraggioso capace di far saltare la partita delle piccole convenienze e di pronunciare un netto “non ci sto”?

L'incapacità di rischio di questa politica mi sorprende perché somiglia all'inane attesa degli eventi del '93-'94, con la differenza che allora era semplicemente impensabile il collasso del sistema di potere costruito intorno alla Dc e al Psi e la sconfitta nelle urne del Pds, mentre oggi dovrebbero essere tutti consapevoli del pericolo di finire nel baratro. E più di tutti dovrebbe saperlo la sinistra, che dalla “sindrome di Occhetto” non si è ancora liberata: avere la vittoria a portata di mano e vedersela scippare da un miliardario. Coraggio, compagni, provateci: dite qualcosa di patriottico, una volta tanto, e se davvero volete sfidare Grillo rilanciate sul suo terreno. Mai più nominati, si vada a discutere una nuova legge elettorale e basta meline su impossibili riforme costituzionali. E anche gli altri che si preparano a giocare la partita, i Montezemolo e i soggetti di un possibile Partito della Nazione, chiariscano la loro posizione: non c'è altro modo per rispondere ai sospetti di gattopardismo e confermare il desiderio di cambiamento speso con generosità negli articoli che parlano di mercato, sviluppo, merito, sostituzione delle vecchie classi dirigenti. Il nuovo bipolarismo, da un pezzo già attivo in Italia, non ha nulla a che vedere con destra e sinistra, liberali e statalisti, post-questo e post-quello, ma ha come discriminante lo scontro tra chi difende questo sistema di partiti e chi ne vuole costruire un altro. La prima area al momento è affollatissima, la seconda quasi vuota. Chi farà una mossa per occuparla si prenderà l'unico spazio pubblico che al momento conta: quello del desiderio di partecipazione. Gli altri, peggio per loro.

Flavia Perina - 26 maggio 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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