martedì 28 agosto 2012

RIMBOCCARSI LE MANICHE A CHI? (di Furio Colombo)


A DOMANDA RISPONDO

Caro Furio Colombo, che cosa vuol dire “rimboccarsi le maniche” detto e ripetuto dalle competenti autorità, in un Paese in recessione e senza lavoro, con l’8 per cento in meno di produzione industriale?
Diego

Furio Colombo
L’esortazione infatti è frequente, appare in discorsi di alto livello e carichi di notizie e di stimoli da parte di chi ci governa tecnicamente pro-tempore. A un certo punto viene detto che “dobbiamo rimboccarci le maniche e...”. La frase che segue è sempre generica, perché se fosse precisa dovrebbe indicarci quale settore e fabbrica e regione stanno languendo per mancanza di volontà e di impegno nel lavorare. Fa pensare allo spot televisivo di una bevanda estiva, in cui un gruppo di peones dediti alla siesta si risvegliavano solo con l’incentivo, appunto, del prodotto proposto. Qui, adesso, qual è il prodotto, ovvero il modo, luogo o tempo o progetto su cui rimboccarsi le maniche? Per chi? Con chi? Per che cosa? Come fanno i senza lavoro, i cassintegrati, gli esodati, i dipendenti Fiat che non riescono a sapere se e quale fabbrica italiana si salverà, i dipendenti Ilva, chiamati a scegliere tra la loro vita e quella dei loro figli, gli statali su cui grava la “riorganizzazione”, con la disoccupazione già sopra il 10 per cento? Ecco che cosa non va, nella frase, che è certo dettata dalla buona intenzione di rincuorare. Viene detta mentre non abbiamo ancora speso un minuto nelle istituzioni italiane, per commemorare l’operaio senza lavoro Angelo Di Carlo, che si è dato fuoco davanti a Montecitorio l'11 agosto, mentre il Parlamento era chiuso, ed è morto il 20 agosto per la gravità delle ustioni. Viene detta mentre non siamo in grado (non solo il governo, ma tutti coloro che hanno una parte grande o piccola di responsabilità, dunque anche l’informazione) di muoverci insieme verso le cose da fare per uscire dal peggio, a parte rinunciare e pagare e aspettare, per coloro che hanno sempre rinunciato e pagato e aspettato. Suggerisco appassionatamente o di cambiare frase o di dire subito, adesso, a tutti, la parte che manca di quella frase, ovvero il progetto che ci riguarda e ci coinvolge tutti, per uscire dalla crisi.

Furio Colombo - 28 agosto 2012 -
Il Fatto Quotidiano
00193 Roma, via Valadier n. 42
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