CAMPA CAVALLO
Il governo incassa tre fiducie sull’“anticorruzione”. L’incompatibilità dei pregiudicati non vale per le elezioni 2013. Concussione per induzione: pene più basse e prescrizione più breve. Penati e Berlusconi ringraziano
Ci sono voluti tre voti di fiducia, ma ancora non bastano. E non solo perché la discussione sul ddl anticorruzione, che ieri ha passato a Montecitorio l’esame di una fiducia triplice e inconsueta, continuerà oggi, sempre alla Camera, il proprio cammino parlamentare. I tre tronconi in cui è stato spezzettato il provvedimento, infatti, rischiano di ritrovarsi inutilmente ammonticchiati nell’aula del Senato nelle settimane a venire.
Non solo. Le norme sull’incandidabilità dei condannati rischiano di iniziare a valere solo dal 2018, vale a dire dal finire della prossima legislatura. Questo perché nel testo dell’articolo 10 sul quale ieri la Camera ha espresso la sua prima fiducia, viene data la delega al governo di adottare un decreto legislativo che attui quelle misure “entro un anno”. Un tempo giudicato da tutti eccessivo, che rischia per l’appunto di rimandare tutto alle calende greche delle politiche 2018, ma che, inserito nel corpo del provvedimento da un emendamento in Senato a firma del Pdl Lucio Malan, lì è rimasto anche nel delicato passaggio parlamentare.
Non è l'unico problema che il ministro Guardasigilli Paola Severino e il suo omologo alla Pubblica amministrazione Filippo Patroni Griffi, dovranno affrontare, ma certo è il più visibile. Tanto che, mentre la Camera è riunita, entrambi sono costretti a esternare il proprio ottimismo sul fatto che si farà tutto entro il 2013. La prima, che meglio ha imparato a conoscere gli incerti della navigazione parlamentare, chiarisce: “Se ci saranno le condizioni politiche e generali possiamo approvarla anche prima. Faremo di tutto per mantenere la promessa”. Che non è proprio la dichiarazione di chi conservi una certezza.
Ancora una volta i nodi politici da sciogliere sono ancora tutti lì. Nonostante i tre voti bulgari (461 voti favorevoli sull’emendamento numero 10, 431 sul numero 13 e 430 sul 14), infatti, tra maggioranza e opposizione rimbalzano accuse e recriminazioni. Se sull’emendamento sull’incandidabilità (il 10), Fli si astiene proprio a seguito della tempistica priva di buon senso (la presidente della commissione Giustizia alla Camera constata come “non si può fare che la legge sia uguale per tutti tranne che per i politici”), sulla riscrizione dei reati di corruzione e concussione (l’emendamento votato all’articolo 13 contiene anche il nuovo reato del traffico di influenze), si consuma una battaglia doppia, con l’Idv Antonio Di Pietro che tuona contro una legge che alla fine salva corrotti e concussi (sotto il video), e il Pdl che spara contro il Pd rinfacciandogli come la norma, così come è scritta, faccia un regalo a Filippo Penati, annunciandogli una prescrizione imminente.
Il discorso di Di Pietro è chiaro. Afferma il leader Idv che attraverso l‘utilizzo dei reati di corruzione e concussione, i magistrati del pool di Milano riuscirono a fare Mani Pulite. Adesso, con la modifica dell’articolo 317 del codice penale (la “concussione per induzione”), si finisce per mettere in crisi l’intero sistema. “Lei, con questa proposta - dice Di Pietro dai banchi dell’opposizone - fa sì che, laddove la concussione avviene per induzione, sono tutti e due colpevoli, tutti e due rispondono del fatto commesso (sia chi dà denaro sia chi lo riceve). Lei vuole dire che, ogni volta che la concussione non avviene per violenza o per minaccia ma avviene per induzione, in quel caso non deve rispondere solo più chi induce ma deve rispondere anche chi è indotto. Sfido a leggere milioni di pagine di carte che, in quest’ultimi vent’anni, hanno rappresentato gli atti giudiziari di questo Paese e a trovarmi un solo reato di concussione per violenza”. I pubblici ufficiali, i politici, gli amministratori, continua Di Pietro, non usano violenza per stringere accordi corruttivi. Ma se un imprenditore concusso rischia di finire in carcere così come il corrotto, perchè dovrebbe denunciare il patto? È questa per Di Pietro la norma che rischia di mettere in barca l’intero provvedimento. Non solo. Il Pdl, per bocca di Fabrizio Cicchitto, annuncia che l’emendamento sull’articolo 13 (il traffico di influenze) deve essere riscritto al Senato: “Rischia di dare ai pubblici ministeri una discrezionalità del tutto eccessiva”, afferma.
E il ministro Severino annota a fine serata: “Quando si tratta di testi così complessi il desiderio di apportare delle migliorie è tanto. Ma a volte mi chiedo se il meglio non sia davvero nemico del bene”.
Eduardo Di Blasi - 14 giugno 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
0 commenti:
Posta un commento