giovedì 3 maggio 2012

Torino - Una città in guerra contro la crisi

DIETRO LE CONTESTAZIONI DEL 1° MAGGIO
Debiti, fischi e bulloni il buio oltre Torino

Bulloni? Macché, al massimo potevamo lanciare pannolini...”. Nella battuta amara di Rosaria Albergo, insegnante precaria di scuola materna di 39 anni che a settembre rischia di
rimanere senza lavoro perché il comune ha sforato il patto di stabilità, c’è tutto il senso del cupo Primo maggio di Torino. Rosaria era in piazza San Carlo a fischiare il sindaco Piero Fassino, che di fronte alle contestazioni ha sbottato: “Il fischio non è mai stato un argomento di discussione – ha detto dal palco – questi sono gli stessi fischi che impedirono a Bonanni di parlare, come i bulloni a Trentin”.
Torino soffre. Il classico horror vacui della città – la costante paura di perdere qualcosa – si è ormai trasformato in una passeggiata nel vuoto, dove il vuoto è la crisi e Fassino (non sembri una battuta) è il parafulmine, anche, va detto, per colpe non sue. Ma nella replica ai fischi in piazza il sindaco ha sbagliato bersaglio. Chi impedì a Bonanni di parlare due anni fa e (se solo avesse avuto l’età) avrebbe volentieri tirato bulloni a Trentin, lo aveva aggredito prima, all’inizio del corteo. Erano soprattutto i professionisti di Askatasuna, maestri nell’infilarsi nelle maglie della crisi per trasformarla in una guerriglia di piazza contro la polizia: “Fuori Fassino dal corteo” la pretesa. La polizia fa blocco, cariche, manganellate, bombe carta, contusi da entrambe le parti, con l’avvilente risultato di un corteo diviso in due dalle forze di polizia. La gente riconosce Diego Novelli, il sindaco comunista, il sindaco per eccellenza; qualcuno chiede il suo intervento per allontanare la polizia (“per far cosa – risponde – per permettere a questi scalmanati di assaltare la testa del corteo con i rappresentanti delle istituzioni?”), altri lo spingono a invocare una repressione più dura contro “i soliti teppisti”.

Novelli prosegue la marcia sconsolato, grigio come il solo colore evidente di una festa di solito variopinta e ben più affollata. Ma se manca il lavoro, va da sé che a festeggiarlo venga meno gente del solito. Alla fine, in piazza San Carlo, sono più o meno ventimila. Ed è qui che va in scena la contestazione vera, quella che non ha bisogno di polizia. Di fronte al palco – oltre ai lavoratori Fiat e Bertone, ai dipendenti della De Tomaso e di tutto l’arcipelago in secca dell’indotto auto – ci sono i lavoratori dei nidi comunali, gli operatori dei servizi socio-assistenziali del Comune, gli ex insegnanti del Consorzio Csea ormai fallito.

Il malcapitato Fassino, sindaco da meno di un anno, si becca i fischi che forse vorrebbe condividere con Sergio Chiamparino, il predecessore (ora designato alla presidenza della Compagnia di San Paolo) di cui l’ex leader Ds contava di ereditare la popolarità, non la responsabilità di un buco senza pari. I contestatori sono infatti soprattutto le vittime di un bilancio comunale che fa rabbrividire: il rendiconto appena approvato segna un saldo negativo di 260 milioni, il fondo di tesoreria passa da 158 milioni a 2.700 (duemilasettecento) euro; il debito complessivo scende sì di 32 milioni, ma rimane allo spaventoso livello di 4,467 miliardi di euro. La città di Torino ha sforato il Patto di Stabilità di 480 milioni di euro e non solo non potrà assumere nessuno nel 2012, ma non potrà nemmeno prorogare i contratti a tempo determinato. Per questo motivo a settembre potrebbero non riaprire una dozzina (se non di più) di nidi e asili comunali (in una città, secondo il Sole 24 Ore, tra le migliori in Italia nei servizi per l’infanzia) causa impossibilità di riassumere i precari: “Nessun bambino rimarrà a casa” è la promessa del sindaco, ma i circa 300 precari non hanno ancora ottenuto risposte.

Le strutture che non potranno riaprire saranno probabilmente appaltate (in teoria fino a sforamento rientrato) a cooperative esterne. E anche il mondo della cooperazione è in profonda crisi. I primi a cingere letteralmente d’assedio palazzo Civico (prima di essere imitati da altri, maestre d’asilo in primis) sono stati i lavoratori delle cooperative sociali che erogano i servizi socio-assistenziali del comune di Torino. Tantissimi sono senza stipendio da mesi e mesi perché i pagamenti degli enti, soprattutto dalla Asl, sono in cronico ritardo per mancanza di liquidità. Per il consorzio Csea, 300 lavoratori addetti alla formazione professionale esternalizzata dal Comune 15 anni fa, ci sono già i libri in Tribunale.

Il Primo maggio di Torino finisce con un nuovo assalto “autonomo” a palazzo di Città. Da un furgoncino salgono sulla facciata, issano la bandiera No Tav accanto al tricolore e srotolano uno striscione a favore degli anarchici arrestati per i disordini in Val Susa. La Polizia lascia fare, poi interviene. Altri scontri. La gente si disperde lungo le vie rettilinee del centro. Tutto attorno è assenza di prospettiva.

Stefano Caselli - 03 maggio 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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