giovedì 3 maggio 2012

Aridatece Mastella (di Marco Travaglio)

Non è vero che il governo Monti sia a corto di “ideone” per la crescita, come dice quel disfattista di Passera. Quella di chiamare Giuliano Amato, la pochette di Craxi, 74 anni, entrato in Parlamento nel 1983, collezionista di
poltrone di fama mondiale, per studiare come ridurre i finanziamenti pubblici ai partiti (lui che ne ha beneficiato per trent’anni, senza mai accorgersi delle tangenti private), è un’ideona mica da ridere. Come pure quella di ingaggiare il supertecnico Enrico Bondi, 78 anni, per tagliare la spesa pubblica. Ma la più bella è quella di tagliare un altro po’ su scuola e
 giustizia – due settori fondamentali per la crescita – come se non fossero bastate le cure Gelmini e Alfano. Intendiamoci: di sprechi ce ne sono sempre dappertutto, ma non è detto che chi ha risanato gruppi privati come Montedison e Parmalat sappia farlo in campi del tutto sconosciuti come la scuola e la giustizia. Che non sono aziende e non si misurano con la partita doppia. Per la giustizia l’aveva capito persino Mastella, che – oltre a tante boiate, tipo ordinamento giudiziario, bavaglio e indulto – aveva avuto anche una buona idea: una commissione di veri esperti, i magistrati Davigo, Greco e Ielo, per recuperare denaro dai processi e consentire alla giustizia di autofinanziarsi. Ne uscì un ddl (ovviamente mai approvato) pieno di ideone, quelle sì, redditizie. Che ora si potrebbero integrare con altre proposte di puro buonsenso.

1. Nel paese dei tre gradi e delle cinque fasi di giudizio, e della prescrizione quasi automatica, tutti ricorrono dappertutto per perdere tempo: tanto è gratis. Basta imporre una cauzione di 2 mila euro per ogni ricorso (esenti solo i non abbienti) che rimane allo Stato se il ricorso (riesame, appello o Cassazione) si rivela infondato. Hai fatto girare a vuoto la macchina? Paga le spese.
2. Oggi lo Stato non recupera che il 3% delle spese di giustizia, cioè del conto che l’imputato deve pagare (e non paga quasi mai) se condannato. Basta affidare i ricorsi non all’imputato, ma al difensore che diventa responsabile in solido e si fa anticipare i soldi dal cliente. In Cassazione, fra civile e penale, arrivano ogni anno 100 mila ricorsi. Nel penale, la metà viene dichiarata inammissibile subito e un altro 25% a fine processo: questo 75% di ricorsi respinti (35 mila su 50), con cauzioni di 2 mila euro, frutterebbe allo Stato 70 milioni l’anno. Che diventano 200 con quelli per il civile e, nel penale, quelli in appello e al riesame.
3. Gran parte delle udienze saltano perché qualcuna delle parti non ha ricevuto la notifica brevi manu dall’ufficiale giudiziario. Basta imporre a ogni parte, all’elezione di domicilio, di fornire non l’indirizzo di casa, ma di posta elettronica e, per chi non ha una email, quello del suo avvocato: dopodiché gli ufficiali giudiziari vengono impiegati per altre più utili mansioni, perché tutte le notifiche si fanno online, nessuno può dire di non essere stato avvertito e i processi durano molto meno.
4. I tribunali italiani sono Jurassic Park con un continuo e anacronistico viavai di carrelli carichi di carte: con poca spesa e molto risparmio si può abolire la carta (con costi e lungaggini legati alle fotocopie e al loro trasporto), obbligando tutte le parti a depositare documenti computerizzati su cd-rom e pen-drive.
5. Tutte le risorse risparmiate o incassate dalla Giustizia devono andare alla Giustizia. Compresi i beni confiscati alle mafie e quelli che una riforma di puro buonsenso (dunque mai fatta) dovrebbe consentire di confiscare ai corrotti, ai corruttori e agli evasori fiscali. Oggi l’Agenzia dei beni confiscati è una dependance del ministero dell’Interno e funziona malissimo.
Si potrebbe continuare all’infinito, un uovo di Colombo dopo l’altro. Le cose da fare sono note e stranote. Ciò che manca non sono i tecnici o i supertecnici, ma un governo e un Parlamento di gente onesta che le trasformi in legge.

Marco Travaglio - 03 maggio 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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