mercoledì 23 maggio 2012

La nuova politica dell’antipolitica

La clamorosa sconfitta della Lega e del Pdl rischia di lasciare in secondo piano altre tre indicazioni che emergono dal recente voto amministrativo: l’ulteriore incremento dell’astensionismo, il successo del Movimento Cinque
Stelle e la tenuta del centrosinistra. Una corrente di pensiero ha sostenuto a lungo la tesi dell’astensione come appagamento. Nell’Italia del 2012 di appagamento se ne trova ben poco. I sondaggi evidenziano una fiducia verso i partiti inferiore al 4 per cento e alle amministrative l’astensione è cresciuta di ben 7 punti percentuali. La “lunga transizione” avviata all’inizio degli anni Novanta non ha trovato approdi , le soluzioni legate a leader carismatici hanno rivelato la loro natura illusoria e il centrodestra, fondato sul corpo mediale di Berlusconi, rischia l’implosione.

Anziché alimentare un serio dibattito su come riformare il sistema partitico e riconquistare la fiducia dei cittadini, i partiti maggiori preferiscono imboccare la scorciatoia cognitiva del definire “antipolitica” qualsiasi forma di soggettività germogliata al di fuori dei loro confini. Questa è l’etichetta sovente attribuita al Movimento Cinque Stelle. In realtà, già con la prima applicazione empirica del concetto – in uno studio del 1979 di Suzanne Berger dedicato ai movimenti degli anni Settanta – l’antipolitica viene spesso evocata per etichettare manifestazioni innovative (con forti contenuti politici) emerse dalla latenza, ma non ancora pienamente decodificate dagli attori politici più istituzionalizzati e dagli intellettuali. Si dovrebbe ricordare che quasi un secolo fa, nelle Considerazioni di un impolitico, Thomas Mann ammoniva che “l’antipolitica è anch’essa una politica, giacché la politica è una forza terribile : basta solo sapere che esiste, è già ci si è dentro, si è perduta per sempre la propria innocenza”.

Le prime ricerche dedicate al Movimento Cinque Stelle mostrano una realtà vivace e sfaccettata: dietro a Beppe Grillo, figura che garantisce un collante nazionale e visibilità mediatica, vi sono in molti contesti candidati scelti su base locale legati a profili e progetti specifici. Alcuni di essi provengono dalle mobilitazioni referendarie vittoriose della scorsa primavera. Sovente tali candidati sono sorretti da un capitale sociale costituito da una fitta rete di relazioni con gli attori sociali e da un livello di fiducia difficile da conseguire per i politici dei partiti tradizionali. È il caso del primo sindaco ottenuto dal Movimento Cinque Stelle già al primo turno: Roberto Castiglion, a Sarego (Vicenza), proprio dove la Lega aveva deciso di collocare il “Parlamento padano”. Nel secondo turno, ancora più eclatante è stato il caso di Parma, in cui al ballottaggio il “penta-stellato” Federico Pizzarotti è riuscito a vincere con il 60,2%. Anziché rinchiudere tali esperienze nell’etichetta di “antipolitica” sarà interessante analizzare il comportamento degli esponenti del Cinque Stelle cui saranno attribuite responsabilità istituzionali. Soprattutto, sarà interessante studiare quale struttura saprà darsi il Movimento per consolidare tali risultati, dal momento che, al fine di dare continuità alla propria presenza politica, alcuni gradi di istituzionalizzazione si riveleranno indispensabili.

Oltre a cedere campo al Movimento Cinque Stelle, la débâcle dei partiti di centrodestra ha premiato la sostanziale tenuta del centrosinistra. È pienamente comprensibile la soddisfazione mostrata da Pier Luigi Bersani dinanzi ai risultati di lunedì pomeriggio. Tuttavia, nei prossimi mesi tale partito dovrà definire con chiarezza il tipo di alleanze che intende perseguire e le proprie proposte qualificanti.

E dovrà intercettare le domande di cambiamento presenti nel suo stesso elettorato di riferimento, in una fase della politica italiana nella quale, ad esempio, uno dei pochi a emergere dalla crisi della Lega è il sindaco di Verona Flavio Tosi, ossia chi fra i leghisti più decisamente di tutti ha preteso il rinnovamento delle classi dirigenti. Il tempo che intercorre da oggi alle elezioni politiche è una finestra di opportunità decisiva per riqualificare l’offerta politica in Italia e per ricostruire delle connessioni fra i partiti e i cittadini.

Potremmo scoprire che dietro a quanto si definisce “antipolitica” si celano richieste di un’altra politica.

Marco Almagisti (professore di Scienza della Politica all’Università di Padova)
23 maggio 2012 - Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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