giovedì 24 maggio 2012

Finanziamenti - Votata regola anti Grillo e liste civiche

L’ARROCCO DEI PARTITI

Onorevole Turco, onorevole Turco c’è tutto il tempo necessario. Onorevole Turco, onorevole Turco non mi costringa ad allontanarla dall’Aula. Onorevole Turco, onorevole Turco, la prego di allontanarsi dall’Aula. La seduta è sospesa” . Montecitorio, ore 12 e 13, discussione in Aula della legge sui finanziamenti ai partiti.

L'escalation di Gianfranco Fini, che presiede l’assemblea, culmina con l’espulsione del Radicale Maurizio Turco, reo di aver posto la questione del poco tempo a disposizione per esaminare i nuovi 17 emendamenti al testo. “Vogliamo sapere se abbiamo il diritto effettivo a presentare sub-emendamenti”, scandisce Turco. Che in realtà vuole porre una questione di fondo: nella discussione in corso, non ci sono margini veri di dibattito. Testo blindatissimo. Con una guerriglia in Aula - che non porta niente in termini di risultati - tra la maggioranza targata ABC e l’opposizione che si configura come Lega, Idv, Radicali e qualche democratico a turno (tra cui Furio Colombo), che votano contro. L’altroieri è passato il
primo articolo, quello che dimezza i finanziamenti ai partiti. Peccato che lo faccia sostanzialmente a discapito dei minori: i tagli complessivi sono di 91 milioni, ma le formazioni maggiori rinunciano a una piccola parte, perché ai “contributi pubblici” per le spese elettorali, il 70 per cento (63,7 milioni), possono accedere solo quelli che entrano in Parlamento. Gli altri hanno diritto solo a una quota del restante 30%, a titolo di “cofinanziamento ” (per ogni 50 cent che arriva al partito da tessere e contributi vari, lo Stato versa 1 euro) purché detto partito arrivi al 2% o abbia un eletto in Parlamento. Ieri, dunque, si è arrivati a votare fino a metà dell’articolo 6. Ma è chiara la sostanza: l’unica vera novità è il dimezzamento dei finanziamenti, ma in questa forma conveniente per chi la legge l’ha scritta. Peraltro ieri brillavano per la loro assenza sia Alfano (arrivato nel pomeriggio) che Bersani e Casini. E Berlusconi. Oltre all’espulsione di Turco, c’è un’altra fotografia che descrive il clima di ieri. Si discute dell’articolo 3, quello che stabilisce che “i partiti e i movimenti politici che intendono concorrere alla ripartizione dei rimborsi e dei contributi” sono tenuti “a dotarsi di un atto costitutivo e di uno statuto”. Passa un emendamento a firma dell’Udc , Mantini: tale Statuto deve essere “conformato a principi democratici nella vita interna con particolare riguardo alla scelta dei candidati, al rispetto delle minoranze, ai diritti degli iscritti”. Visti i risultati delle ultime amministrative, non è difficile fare due più due e leggerlo come l’arroccamento dei partiti. Sul blog di Grillo, per esempio, c’è una sorta di regolamento, un “non-Statuto” di 7 articoli. La discussione conferma. Tuona Carra (Udc): “L’articolo sullo statuto doveva essere il primo. Deve finire questa fase di transizione, che ha portato a statuti approvati nella fretta, statuti di partiti personali”. Ma anche, “statuti come quello dei Dl che prendevano decisioni a insaputa dei suoi dirigenti”.

La filosofia dell’arrocco non si legge solo nel limitare l’accesso ai contributi, ma nel limitare anche il campo delle detrazioni per le erogazioni liberali (limite tra i 50 e i 10mila euro) in favore di partiti e movimenti. Perché chi dona possa goderne deve scegliere di farlo a favore di chi abbia almeno un rappresentante eletto in assemblee nazionali o regionali . Questo esclude automaticamente, per esempio, ogni lista civica locale. Limitazioni “insopportabili” secondo Roberto Giachetti. Detrazioni peraltro aumentate dal 19% attuale, al 26 che vuol dire meno soldi nelle casse dello Stato. Ad assistere alla discussione che si è tenuta ieri nell’Aula di Montecitorio, saltano agli occhi almeno un altro dato. La sostanziale poca chiarezza e la provvisorietà di questa legge: molto è rimandato all’annosa riforma dei partiti, con l’articolo 49 della Costituzione, alla quale in teoria sta lavorando il super consulente Amato. “Il governo si rimette all’Aula”, l’unica locuzione consentita ieri al sottosegretario D’Andrea in rappresentanza dell’esecutivo nell’emiciclo. Molti i nodi da sciogliere, molti i privilegi da mantenere. Come si evince dalla discussione di un emendamento della Lanzillotta: chiedeva il divieto per gli enti pubblici e le società controllate dallo Stato e da altri enti pubblici di effettuare erogazioni liberali o dare contributi a fondazioni, ed enti presieduti da senatori, deputati, o componenti di altre assemblee elettive. Nessun apertura da parte dei relatori, Bressa (Pd) e Calderisi (Pdl) che rimandavano appunto alla riforma dell’articolo 49. Accantonato, ci si potrebbe tornare oggi. Con il voto finale che si aspetta da quasi due mesi.

Wanda Marra - 24 maggio 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
.

0 commenti:

Posta un commento