DEMOCRAZIA DEL BROGLIO
Primarie taroccate, tessere inventate e congressi finti
Chi è senza peccato scagli la prima tessera. Da destra a sinistra, tutti contenti oggi che è esploso il “caso Fa-via”, ma andando a pescare nel passato recente quanto a trasparenza
interna trovi storie degne di “Totò e Peppino vanno alle primarie”. Trovi partiti con più iscritti che votanti, altri che hanno tesserato novantenni inconsapevoli, perfino avversari politici.
Sarà dura per il Pdl puntare il dito contro i grillini dopo un anno di scandali e polemiche sulle tessere del partito. Spuntano come funghi dopo la pioggia: ieri non c’erano e oggi ci sono. Regione che vai scandalo che trovi. Tutto comincia nel 2011, mentre nei sondaggi il Governo Berlusconi naviga sotto quota periscopica. Eppure in due mesi il suo partito passa da poche migliaia a un milione di tessere. Riesce a recuperare una cifra vicina ai 12 milioni di euro moltiplicando il numero delle persone iscritte ai partiti che diedero vita al Pdl (An contava 250 mila iscritti, Fi circa 400 mila). Ma la politica in Italia, si sa, sfida le leggi di
gravità: in centinaia si sono trovati iscritti al Pdl senza aver compilato personalmente la richiesta. Tra questi, minorenni, gente che ha perso la carta di identità, allettati o malati. E poi chi ha prestato il documento a un assessore “per aiutare un amico” e perfino dipendenti di politici iscritti in blocco. Da gridare al miracolo. Ma non basta: prima ancora che arrivino i dati ufficiali già dentro il Pdl si cominciano a “pesare” le tessere conquistate da ogni singolo leader: nel Lazio, dove c'è circa un quarto dei tesserati al Pdl, vanno forte gli ex-An, vicini a Fabio Rampelli e Gianni Alemanno che lottano a colpi di decine di migliaia di tessere. In Lombardia, prima ancora di conoscere i dati definitivi, Roberto Formigoni e Ignazio La Russa si contendono il primato. Più che trasparenza sembrerebbe preveggenza. O chissà che altro. Già, a occuparsi del tesseramento Pdl in alcune regioni – Lombardia, Puglia e Campania per dire – più che la politica sono le forze dell’ordine. A Bari la polizia deve individuare l’uomo che ha pagato un pacchetto di iscrizioni al partito prima del congresso cittadino. A Modena lotta in casa. La deputata Isabella Bertolini scatena l’ira dell’ex sottosegretario Carlo Giovanardi. Sembra perplessa perché in alcune zone i modenesi parrebbero improvvisamente “rapiti” dal Pdl. Non solo: il 99 per cento dei nuovi tesserati vengono dalla Calabria. Giovanardi, sdegnato, respinge ogni accusa.
Insomma, difficile scagliare la prima pietra. Ma il centrosinistra non sta molto meglio. Inutile infierire sul caso Lusi con il tesoriere della Margherita che avrebbe sottratto 25 milioni senza che praticamente nessuno se ne accorgesse. Alla faccia della trasparenza. Già, la Margherita, passata alla storia anche perché sembrava avere più iscritti che voti. A Roma i seguaci passano in una manciata di anni da 20mila a 50mila. Intere famiglie si ritrovano iscritte a loro insaputa. A Milano l’allora segretario Nando dalla Chiesa affronta di petto la questione e si rivolge alla Procura: in uno sfogo amaro parla di partito che sa mettere insieme area cattolica e laica, ma anche “area laida”. Al congresso del 2001 le anime dei Ds si scambiano accuse tra il teatrino della politica e quello della commedia: i sostenitori di Fassino vorrebbero l’annullamento di 1200 tessere (quasi tutti pescatori presi all’amo) che a Manfredonia, nel collegio di Pietro Folena, avrebbero fatto aumentare il partito del 600 per cento. Il correntone risponde: “E i dirigenti della Uil arruolati in blocco dai fassiniani per esempio a Mirafiori…”. Uno pari e palla al centro.
Eccola la trasparenza sempre più invisibile. La democrazia interna che a volte scoppia: vedi le primarie Pd, gioiosa macchina da guerra contro gli avversari che talvolta diventano arma bianca per regolare conti interni. Do you remember Napoli e Palermo? Andrea Cozzolino era stato il recordman delle preferenze, già sognava di regnare sotto il Vesuvio. Poi, mentre il leader Pier Luigi Bersani si complimenta con i dirigenti del Pd locale, Walter Veltroni solleva dubbi: “In un video ho notato che a Napoli votavano molti cinesi. O erano cinesi democratici, o c’era qualcosa che non va. Se c’è una sola ombra, bisogna intervenire”. Cinesi, ma non solo, agli immigrati a quanto pare il Pd piace. Prendete Sarzana, dove alla vigilia dello scontro Bersani-Franceschini le tessere sono esplose: nel giro di un mese aumentano quasi del trecento per cento. Ecco romeni, albanesi, marocchini, macedoni, un libico, un olandese e un canadese. Se il Pd è incompreso in patria, riscuote successo all’estero.
E pensare che proprio dai vertici Pd-Pdl-Udc è arrivata nei mesi scorsi la proposta di legge sulla trasparenza dei partiti.
Ferruccio Sansa - 08 settembre 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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