domenica 9 settembre 2012

INDUSTRIALI, BANCHIERI E MANAGER: BIG IN FILA PER IL MONTI BIS (di Giorgio Meletti)


Si chiama Supermario risolve (i loro) problemi

La cartina di tornasole si chiama Giorgio Squinzi. Come presidente di Confindustria è anche il simbolo della convergenza dei poteri forti verso la prospettiva obbligatoria del Monti-bis.

A ben guardare, infatti, fu lui due mesi fa a dare base teorica all’esigenza pratica di garantirsi
il Monti-perenne. Disse sì alla tassa patrimoniale (vessillo della sinistra) “ma solo se fossimo in emergenza”. Il comma 22 di Squinzi funziona così: siamo abbastanza in emergenza da aver bisogno di Supermario forever, ma finché c’è Supermario non saremo mai abbastanza in emergenza da dover parlare di patrimoniale. E i grandi patrimoni saranno al sicuro.

E questo vale per tutti i 137 “banchieri, manager, imprenditori e professori” che al convegno Ambrosetti di Cernobbio hanno partecipato al sondaggio promosso dall’agenzia Radiocor (proprietà Confindustria), rispondendo in coro (81 per cento) che l’Italia deve continuare ad affidarsi al governo tecnico. I partiti, la democrazia, le elezioni restano sullo sfondo, una formalità da sbrigare alla svelta e nel modo più indolore.
Squinzi, un industriale vero, attento alla penetrazione internazionale del suo Vinavil, è stato l’ultimo a capire l’aria che tirava. Appena eletto a capo degli industriali, il 23 maggio scorso, si è lasciato andare a considerazioni allegre sul governo dei tecnici, definendo “una boiata” la riforma del lavoro di Elsa Fornero, chiedendo quando arrivavano ai fornitori i 30 miliardi di pagamento delle fatture inevase dello Stato, e andando infine alla festa della Cgil di Serravalle Pistoiese, il 7 luglio, a dire che “il governo dei tecnici è una parentesi, ma deve tornare la politica”. Fu allora che Monti, spazientito, lo accusò di far salire lo spread con le sue critiche al governo, e soprattutto fu allora che in coro i maggiorenti dell’imprenditoria italiana scesero in campo in difesa di Monti, sconfessando pubblicamente e rudemente il loro presidente. Non era mai capitato nella storia della Confindustria, e infatti Squinzi ha capito la lezione.

Ed ecco che l’agenzia confindustriale lancia il suo sondaggio sottolineando i nomi più prestigiosi che vi hanno preso parte. Dal boss dell’Eni, Paolo Scaroni, a Marco Tronchetti Provera della Pirelli, dal capo dell’Enel Fulvio Conti al numero uno di Fin-meccanica Giuseppe Orsi e al presidente Telecom Italia Franco Bernabè. E poi i banchieri (Federico Ghizzoni di Unicredit, Enrico Cucchiani di Intesa Sanpaolo), e anche qualche imprenditore vero, come Francesco Gaetano Caltagirone, Carlo De Benedetti e suo figlio Rodolfo. Assente la famiglia Ligresti, recentemente passata di moda. Nessuno di loro chiede più al governo quando salteranno fuori i 30 miliardi promessi a più ripresa del ministro Corrado Passera per pagare i fornitori. Trattasi di quisquilie riguardanti le mitiche pmi, piccole e medie imprese buone per la campagna elettorale confindustriale e per i pensosi convegni sulla crescita. Ben altri sono i concreti e corposi interessi delle grandi imprese.

Prendete Cucchiani. È lui il portabandiera di giornata, parla di tutto e ha le idee chiarissime sul Monti bis, “fondamentale e probabile”. Poi gli chiedono quanti siano gli esuberi di Intesa Sanpaolo, e lui, come se passasse di lì per caso, balbetta in managerese: “Non sono assolutamente nella condizione di esprimere una valutazione puntuale”. Poi, come si confà alla vera classe dirigente, fa lo spiritoso: “Credo sia difficile esprimere dei numeri, è più facile dare i numeri, piuttosto che esprimere numeri concreti”. È intuitivo che a uno così interessi avere al ministero del Lavoro per sempre una Elsa Fornero sempre pronta a dire che “il governo non garantisce posti di lavoro”. E soprattutto ai banchieri come lui piace il governo tecnico che hacomeprioritàlastabilitàdelle banche, e pazienza se a costo di strangolare le imprese chiudendo i rubinetti del credito.

Prendete Tronchetti. La Pirelli è considerata dallo stesso sondaggio Radiocor una della aziende italiane più a rischio di scalata. Tronchetti comanda con poco più del 7 per cento del capitale grazie all’alleanza con il socio Vittorio Malacalza con cui sta litigando. Cucchiani, grande creditore del gruppo, lo sostiene. Ecco quanto è strategico per loro un governo che comprenda le ragioni dell’impresa e non voglia liberalizzare il mercato dei capitali, colpire il sistema delle scatole cinesi, minacciare i capitalisti senza capitali.

Prendete Orsi. Indagato per corruzione internazionale, continua a regnare incontrastato sulla Finmeccanica. La società a controllo pubblico va malissimo, e da oltre due anni è in tempesta continua: prima con Pier Francesco Guarguaglini e poi con Orsi, già indagato al momento della successione. Ci sono in gioco 75 mila posti di lavoro, e un’azienda tecnologica che tutti considerano strategica. Fa bene Orsi a tifare per il Monti bis. Quando lo ritrova un ministro dell’Economia distratto come Vittorio Grilli, che si occupa di Finmeccanica solo per smentire di aver chiesto consulenze per l’ex moglie?

Giorgio Meletti - 09 settembre 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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