venerdì 31 agosto 2012

NAPOLITANO CHIAMA ALLE ARMI MA NON DIVULGA LE TELEFONATE (di Eduardo Di Blasi)


TUTTI SUL COLLE
“Escono autentici falsi contro di me, io non sono ricattabile, chi ha a cuore la democrazia respinga le torbide manovre destabilizzanti”. Monti e i partiti temono le sue dimissioni e salgono in processione al Quirinale

Il silenzio, sempre annunziato, è nuovamente rotto. Il “nuovo apice”, raggiunto da quella che il Quirinale definisce “una campagna di insinuazioni e sospetti nei confronti del Presidente della
Repubblica”, richiede la chiamata alle armi. Ed è una nota durissima quella che il Colle diffonde a metà mattina, dopo che il numero di Panorama con le ricostruzioni delle telefonate Mancino-Napolitano (vere o false che siano), è nelle edicole italiane sotto il titolo “Ricatto al Presidente”.

Il Quirinale, descritto in queste ore come sotto assedio, e assai turbato (qualcuno si è spinto anche a parlare di incredibili dimissioni) parla di “clamoroso tentativo di alcuni periodici e quotidiani di spacciare come veritiere alcune presunte ricostruzioni delle conversazioni intercettate tra il Capo dello Stato e il senatore Mancino”. E giudica, rivolto ai testi pubblicati da Panorama: “Alle tante manipolazioni si aggiungono, così, autentici falsi”.
Difende nuovamente la propria condotta nel sollevare il conflitto di attribuzione con la Procura di Palermo davanti alla Consulta, il Presidente (“ne attende serenamente la pronuncia), e ritiene “risibile perciò (...) la pretesa, da qualsiasi parte provenga, di poter ‘ricattare’ il Capo dello Stato”.

Chiude, con l’appello alla mobilitazione: “Resta ferma la determinazione del Presidente Napolitano di tener fede ai suoi doveri costituzionali. A chiunque abbia a cuore la difesa del corretto svolgimento della vita democratica spetta respingere ogni torbida manovra destabilizzante”.

Così, dopo il silenzio nel quale era stato accolto ieri lo “scoop” di Panorama, il messaggio del Quirinale dà il via a una serie di prese di posizione concentriche. Inizia l’ufficio di presidenza del Csm (Vietti, Lupo e Ciani ), che, nell’esprimere solidarietà a Giorgio Napolitano, afferma: “Le conversazioni intercettate non sono nella disponibilità del Capo dello Stato. Pertanto, ogni appello a divulgare o a consentire la divulgazione delle intercettazioni sarebbe allo stato irricevibile”. Seguono i presidenti di Senato e Camera, Renato Schifani e Gianfranco Fini. E, ancora, Bersani, Finocchiaro, Enrico Letta, Rutelli, Lupi (che dice “siamo al limite del golpe”), l’Anm, la Fnsi. Gianni Letta e Massimo D’Alema fanno visita al Presidente personalmente.

Nel coro di critiche unanime si distingue solo l’assenza di Berlusconi (ma non dei suoi che tuonano contro le intercettazioni tout court), e la presa di posizione di Di Pietro (“renda pubbliche quelle telefonate e rinunci al conflitto di attribuzione”), Roberto Maroni (sulla stessa lunghezza d’onda) e Famiglia Cristiana che inscrive lo “scoop” del periodico Mondadori come qualcosa che giovi, per l’appunto, “ai nemici delle intercettazioni”.

C’è anche il governo in prima linea sul fronte Quirinale. Il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri ipotizza: “Chi offende l’immagine del Presidente Napolitano offende il popolo italiano”. Una nota di Palazzo Chigi avverte: “Il Paese saprà reagire a difesa dei valori costituzionali incarnati in modo esemplare dal Presidente Napolitano e dal suo impegno instancabile al servizio esclusivo della Nazione e del suo prestigio nella comunità internazionale”.

Nel merito della faccenda ci sono due dichiarazioni che contribuiscono a complicare la faccenda. La prima la rilascia Nicola Mancino a Fabio Amato del Fattoquotidiano.it  . Dice Mancino che “è stato violato il segreto” (circostanza che farebbe ipotizzare l’effettiva veridicità di quanto scritto da Panorama). La seconda è del Procuratore di Palermo Francesco Messineo che aggiunge: “Valuteremo, quando avremo acquisito tutti gli elementi utili, se aprire un’inchiesta sulla fuga di notizie perché è evidente che c’è stata una rivelazione di cose coperte dal segreto istruttorio”. Una dichiarazione anche troppo franca. Tanto che poi deve chiarire: “L’intenzione di disporre accertamenti su una possibile fuga di notizie non significa necessariamente attribuire validità alle notizie che sono state diffuse. Anche la diffusione di una notizia parziale o inesatta rende ipotizzabile che vengano disposti accertamenti in questo senso”.

Certo il clima è incandescente. Alla vigilia del mese che dovrebbe fornire al Paese una nuova legge elettorale e alle forze politiche un scenario politico nel quale provare a rilanciare la proprie azioni, un Presidente che deve difendersi dall’accusa di aver offeso al telefono Di Pietro, i pm palermitani o Berlusconi, non è semplice da gestire.

Eduardo Di Blasi - 31 agosto 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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