giovedì 23 agosto 2012

De Gasperi e Togliatti in fin dei conti erano complici (di Andrea Scanzi)


L’Unità e Avvenire alle prese con i due leader storici

Ricordare chi se n’è andato è cosa nobile, ricordarli troppo è forse il sintomo di un’anomalia. Quasi che i morti fossero più vivi dei sopravvissuti. Negli ultimi giorni l’Unità pullula di celebrazioni di Alcide De Gasperi e Palmiro Togliatti. L’aggancio sono due ricorrenze,
rispettivamente 58ennale (19 agosto 1954) e 48ennale (21 agosto 1964) delle scomparse. Elzeviri, agiografie. E ardite attualizzazioni. Mentre Avvenire faceva lo stesso, sancendo nuovamente una di quelle convergenze parallele involontarie che costituiscono il programma del Partito Democratico, L’Unità ospitava una paginata su De Gasperi. A firma Marco Follini. Sintesi: la Dc, sin dalla impostazione del fondatore , era un partito di centro che guardava a sinistra. Sottotesto facile: il Pd è la naturale prosecuzione del verbo degasperiano. Ieri è toccato a Togliatti. Articolo di Michele Prospero. Prima parte che scintillava vivida (“Senza i suoi arnesi anche il comunismo italiano sarebbe stato un movimento marginale”). Parte centrale sulla preveggenza del Migliore. E finale che si caratterizzava come chiara elegia del caro estinto a fini personali.
Prima un ardito parallelismo De Gasperi-Togliatti, che in fondo si somigliavano (“C’è qualcosa di rilevante che li accomuna”) anche se, per motivi a questo punto inspiegabili, si sono combattuti per una vita. Quindi il forte monito: “Sbaglierebbe il Pd a rinunciare a questo confronto storico-critico, magari in ossequio a coloro che vorrebbero eliminare il contributo dei comunisti italiani, non solo dal patrimonio culturale dei Democratici di oggi, ma dall’intera storia nazionale”. Ovvero: “Siamo uguali, ma siamo diversi”. Come Nanni Moretti in “Palombella Rossa”. Dalla lettura de L’Unità sembra evincersi, nitidamente, che il Pd era il sogno segreto di De Gasperi e Togliatti: se non lo hanno fondato, uniti in un sol corpo, è stato unicamente per mancanza di tempo. Giova prenderne atto: è una rivelazione di proporzioni storiche pressoché epocali. Verrebbe da pensare che, in assenza di leader e programmi, l’unica strada è affidarsi al carisma postumo: beati gli ultimi, cioè i Bersani, ma comunque e sempre meglio i Togliatti. E ci sarebbe pure la tentazione, invero malandrina, di scorgere in queste eredità appena forzate un che di altamente comico: il Pd che si autoproclama discendente di De Gasperi e Togliatti (e magari anche Cavour, Sturzo e – perché no – Batman e Bordiga), è un po’ come Alessandro Siani che si professa nuovo Troisi. Questa tendenza a personalizzare il passato, oltre a suonare ideologicamente un po’ macabra, parrebbe l’ammissione inconscia di “magnifiche sorti e progressive” neanche più inseguite. Carri funebri che si sorpassano grottescamente tra loro, in un’autostrada sperduta. Sacre reliquie da esporre, e santificare, affinché i fedeli non si accorgano che i nuovi cardinali non sono che ologrammi. Non sia mai: De Gasperi è vivo, Togliatti pure e anche il Pd si sente benissimo. I due statisti litigavano per finta, aspirando in realtà a un’ammucchiata nobilmente democratica. Sia lode, dunque, a L’Unità. Un po’ revisionista e un po’ lisergica. La stessa che, sempre ieri, pubblicava una foto della commemorazione di Togliatti al Varano. C’era Ugo Sposetti. C’era Marisa Malagò. E c’era un corona di fiori, con sopra una scritta a banda rossa: “Democratici di sinistra”. Più che un pensiero affettuoso, un autoscatto politico.

Andrea Scanzi - 23 agosto 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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