sabato 2 giugno 2012

Liste civiche istruzioni per l’uso (di Paolo Flores d’Arcais)

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D’improvviso “tutti le chiedono, tutti le vogliono...”. Stiamo parlando delle liste civiche, diventate di colpo, proprio come il Figaro rossiniano, “il factotum della città”, cioè della politica. Fino a ieri, invece, per chi le proponeva erano solo frizzi e lazzi, o peggio: un
irridente silenzio. Questo giornale, praticamente dalla nascita, insiste sulla necessità di liste autonome della società civile (e su primarie vere di coalizione) come antidoto all’avvitamento e imbarbarimento della politica in partitocrazia. Ora si svegliano tutti. Come mai? E soprattutto con quali intenzioni?

Paolo Flores d'Arcais
Il “come mai?” è semplice e si chiama Movimento 5 Stelle. Ai partiti il disprezzo degli elettori “non scuce un baffo” fino a che si traduce in assenteismo dalle urne (tanto, anche se vota la metà degli elettori, i seggi se li occupano e spartiscono tutti). Se però una percentuale a due cifre trasmigra verso Grillo, per le nomenklature sono dolori: la torta si riduce. Ora, lasciamo perdere il mondo berlusconiano e quello dei finti tecnici, insomma l’establishment e le due destre. Che senso possono e debbono avere, invece, liste civiche e primarie per la rappresentanza del Terzo Stato e per una politica di “giustizia e libertà”?

Eugenio Scalfari vuole una lista civica propiziata da Saviano (anche se non si candida), e caratterizzata da una pregiudiziale: il sostegno al governo Monti. Proprio quello che non vuole la società civile mobilitata nelle lotte e nelle campagne di opinione. Scalfari, in sostanza, vuole una lista di “portatori d’acqua” al Pd, piena di bei nomi e che faccia il pieno dei voti in fuga da Bersani &C.


E non parla di primarie. Lo fanno, invece, i “giovani” della fronda Pd (Civati, Concia, Scalfarotto, ma soprattutto l’anziano Parisi, prodiano doc e fondatore del Pd) che in compenso rifiutano le liste civiche. Ma primarie e liste civiche (al plurale) non possono essere messe in contrapposizione. Sono entrambe necessarie perché nella loro sinergia restituiscano agli elettori democratici un briciolo di sovranità. Altrimenti questi ultimi restano a casa o emigrano chez Grillo. La coalizione di centrosinistra può vincere solo se si apre alla società civile da anni critica e ostile alle scelte di inciuci e subalternità (si chiamino Berlusconi, Marchionne, Monti, anche se non assimilabili). Solo se accetta vere primarie di coalizione, che affidino agli elettori la decisione sul programma politico, di cui i candidati premier in concorrenza – dirigenti di partito, sindacalisti, giuristi, preti... – saranno l’espressione. Bersani accetta la sfida?

Paolo Flores d’Arcais - 02 giugno 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf

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