domenica 10 giugno 2012

Divorzio fra Bersani e Di Pietro Sinistra verso la doppia coppia

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VENDOLA CERCA LA MEDIAZIONE IMPOSSIBILE FERRERO ESULTA E SI SCHIERA CON L’IDV

Paolo Ferrero, leader di Rifondazione comunista, ha un sorriso larghissimo. “Ci sono due schieramenti. Finalmente. Da una parte noi con Di Pietro, dall’altra Vendola con Bersani”. All’assemblea della Fiom, il sindacato dei metalmeccanici, il segretario Pd ha appena
detto senza mezzi termini che “Di Pietro conosce il diritto e dovrebbe sapere che sta commettendo un reato: la diffamazione del Partito democratico”. Dopo mesi di strappetti e una settimana in crescendo, questo sembra lo strappo definitivo. Peraltro condiviso: “Bersani fugge il confronto”, dice il leader Idv. È netta l’analisi di Ferrero. E in effetti, l’impressione che si ricava all’ Hotel Parco dei Principi a Roma è proprio questa. La sinistra-sinistra, riunita da
Maurizio Landini e Giorgio Airaudo, è rappresentata un po’ tutta: non solo i leader di Pd, Idv e Sel, ma, oltre a Ferrero, il leader del Pdci, Oliviero Diliberto (i due sono insieme nella Federazione della Sinistra), il sindaco di Bari, Michele Emiliano. Dice tutto il posizionamento nello spazio. A destra (guardando il palco) è seduto Bersani. Vicino a lui il responsabile economico, Stefano Fassina, l’ala più sinistra dei Democratici, miglior biglietto da visita per la Fiom. Dall’altra parte, Nichi Vendola. A sinistra (guardando il palco) ci sono Antonio Di Pietro, Paolo Ferrero, Oliviero Diliberto.

A sferrare l’attacco frontale è Di Pietro: “Non ce l’ha ordinato il medico di stare insieme. La politica in questo momento è offesa da chi fa le spartizioni sull'Agcom, su chi vota la fiducia sull'articolo 18, su chi va in piazza e poi sta con il governo Monti”, dice dal palco. Poi il de profundis finale della foto di Vasto: “Gli elettori non hanno bisogno di una foto ma di una proposta concreta, come ha detto Romano Prodi, non vogliamo fare scelte suicide ma scelte di campo”, dice tra gli applausi. Dal palco Bersani non risponde. Fa un intervento in cui cerca di agganciare i metalmeccanici, salvando capra e cavoli. Mentre promette che sull’età pensionabile “ci metteremo una pezza”, dice che così “il piano Finmeccanica non va bene”; mentre tra fischi sonori cerca di giustificarsi sull’articolo 18 (“abbiamo fatto da argine” e “non era minimamente nelle mie intenzioni discuterlo”), riscrive la storia degli ultimi mesi di B. dicendo che “l’alternativa non era tra Monti e le elezioni, ma tra Berlusconi e Monti”. Platea fredda, contestazioni, applausi striminziti alla fine.

Il leader democratico poi si siede e ascolta l’intervento di Vendola. Mentre questi mette in campo tutta la sua abilità affabulatoria, il segretario democratico si lascia scappare qualche segno di insofferenza. Sfoglia Le Monde, si sofferma sull’Unità, manda messaggi, chiacchiera con Fassina. Vendola, d’altra parte, cerca di conciliare quello che sembra inconciliabile. “Non servono bandierine di partito”, ma “abbiamo bisogno di unità”, dice. E si lancia in affermazioni tipo “l’antipolitica è una trovata della borghesia italiana”. Fino agli appelli: “Facciamo una coalizione sul lavoro” . Tiene la platea, ma non frena la veemenza di Bersani che esce e dà del “diffamatore” a Di Pietro: “Darci degli inciucisti è diffamatorio”. È la rottura. D’altra parte, la strategia del Pd (o almeno del segretario) è chiara. A spiegarla, Fassina:Adesso faremo una carta che tutti potranno sottoscrivere e poi partecipare alle primarie”. E dunque, tutti da Airaudo, se vuole, a Renzi, a Vendola. Di Pietro? “Se sottoscrive il patto anche lui”, dice Fassina, con un’aria scettica di chi sa che non andrà così. Dopo il voto, spiega ancora il responsabile economico “proporremo un patto di governo con i moderati”. Strana concessione da un uomo di sinistra. Spiega lui: “La prossima sarà una legislatura costituente , per fare le riforme”, riecheggiando le parole di Enrico Letta (esattamente ai suoi antipodi nel partito) in direzione venerdì. Di Pietro, fuori. Dentro, Casini. E Vendola? Dentro, ma se si adegua. Il leader Idv, dal canto suo ha una strategia speculare: da qui a un anno, i partiti saranno morti, il ragionamento. E dunque, tanto vale cercare di conquistarsi uno spazio a sinistra della sinistra. Tirando dentro la Fiom, se è possibile. E magari Grillo. “Hanno fatto come due maschi che si misurano”, banalizza Vendola. Ma se dovesse scegliere? “Non si può rinunciare né all’uno nè all’altro”, (non) risponde, criticando l’appoggio a Monti, ma rendendosi disponibile per le primarie. La scelta è solo rimandata.

Wanda Marra - 10 giugno 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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