martedì 29 maggio 2012

Tecnici all’italiana (di Marco Travaglio)

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L’altro giorno Liana Milella di Repubblica scopre che il governo ha in serbo un bel progettino di legge per cambiare il Csm e fare in modo che i magistrati siano giudicati disciplinarmente da un organismo in cui la maggioranza non sia più dei togati
(come nell’attuale sezione disciplinare), ma dei laici: cioè dei politici. Con tanti saluti all’“autogoverno dei giudici”. Il progetto porta la firma, siglata con l’inchiostro simpatico, del sottosegretario Catricalà, quello che si vanta di avere come spirito guida non Cavour, non De Gasperi, non Einaudi, ma Gianni Letta. Stupore generale: ma come, il governo tecnico e
sobrio, dunque buono per definizione, se ne esce con una controriforma che pare copiata da quella di B. e Alfano? Segue il sollievo unanime perché Monti la boccia come “iniziativa inopportuna” (il suo modo di dire porcata) e fa sapere che il ministro Severino l’aveva già bocciata. Eppure lo sanno anche i sassi che accanto alla Severino siede il sottosegretario Mazzamuto, già consigliere di Alfano in via Arenula, che scrisse per lui una controriforma del Csm molto simile a quella di Catricalà. Lo stesso Mazzamuto pochi giorni fa ha dato parere favorevole all’emendamento del Pdl che svuotava il ripristino del falso in bilancio chiesto dall’Idv, mentre il ministro Severino era contraria. Naturalmente è rimasto al governo accanto al ministro Severino. E naturalmente Monti ha poi garantito “piena fiducia” in Catricalà, nonostante la controriforma del Csm e la dissennata gestione della discarica di Corcolle a due passi da villa Adriana. Il che dimostra quel che abbiamo sempre scritto: nel governo dei presunti tecnici seguitano a comandare i politici, in particolare i berluscones. Se saltano Catricalà e Mazzamuto, Monti resta in brache e grembiulino di tela. Il che spiega perché, di tanto in tanto, è costretto a prostrarsi dinanzi a Letta e financo a dare dello “statista” a B. Cambiamo scenario: in un report anticipato dal Financial Times, la Commissione europea scrive che il governo Monti “non ha fatto abbastanza sul fronte dell’evasione fiscale e del lavoro nero”, prime cause della crescita zero anzi sottozero dell’Italia. Nuovo stupore generale: ma come, il governo dei tecnici e dei buoni eccetera? Anche qui c’è poco da meravigliarsi. Il governo Monti, a parte i blitz dell’Agenzia delle Entrate che non sono merito di questo o quell’esecutivo, non ha fatto nulla per alzare le pene e i termini di prescrizione (oggi irrisori) per i reati tributari. E alcuni suoi membri, nelle loro attività private, si sono dati molto da fare sul fronte dell’evasione: non però contro, ma pro. Andrea Zoppini, l’altro sottosegretario della Giustizia, s’è dovuto dimettere essendo indagato perché spiegava ai suoi clienti imprenditori come esportare capitali in Lussemburgo ed evadere le tasse. Passera e la Fornero erano rispettivamente amministratore delegato e membro del consiglio di sorveglianza di Intesa San Paolo ai tempi in cui la prima banca italiana accumulava un totale di 1.150 miliardi di euro fra imposte evase (o eluse), sanzioni e interessi, tant’è che ha appena dovuto transare con l’Agenzia delle Entrate e scucire 270 milioni. Ora, per operazioni del 2006 con pronti conto termine girati alle controllate estere del gruppo, la magistratura ha aperto anche un’inchiesta penale per frode fiscale: si sospetta che quelle operazioni servissero soltanto a gonfiare i profitti e a pagare meno tasse del dovuto (la stessa accusa rivolta a Unicredit e al suo ex amministratore Profumo, ora promosso ai vertici di Montepaschi). Chissà come si sentono Passera e la Fornero dinanzi ad accuse così gravi alla banca che hanno diretto da posizioni di vertice fino a otto mesi fa. E chissà come aveva potuto la Commissione europea illudersi che un governo pieno di banchieri e berluscones potesse sanare la piaga dell’evasione. Forse puntava sull’omeopatia.

Marco Travaglio - 29 maggio 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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