martedì 15 maggio 2012

Pisapia, Milano e gli ultimi combattenti (di Marco Belpoliti)

Gentile Sindaco Pisapia, forse ricorda ancora la bella e ampia manifestazione che si è tenuta poco prima delle elezioni comunali davanti all’Arco della Pace. Sul fianco di quel monumento, progettato dall’architetto Cagnola, ci sono due edifici, due caselli daziari; e
se anche quel giorno erano coperti dalla folla che inneggiava alla sua candidatura, sono convinto che Lei li conosca. Si tratta infatti di edifici neoclassici molto belli. Uno è chiuso da anni, mentre l’altro, sulla sinistra guardando il Castello Sforzesco, ospita da vari decenni un circolo sociale e una piccola trattoria. Si tratta di uno dei pochi luoghi sopravvissuti ai frequenti cambi di pelle che Milano ha subito nel corso degli ultimi decenni. La zona lì intorno
A sinistra il Circolo
è tutto un proliferare di locali Happy hour, bar alla moda, stile new fashion, che qualche problema danno agli abitanti della zona, per via del rumore e degli schiamazzi che si protraggono a notte fonda. Nel casello daziario c’è la sede del Circolo Combattenti e Reduci, un’associazione che è insediata lì dal 1960, e una trattoria gestita da una famiglia. Forse c’è stato anche Lei a mangiare a mezzogiorno, un posto dotato di un’inconfondibile atmosfera: cucina casalinga, piatti semplici, vino rosso, prezzi economici. Un luogo autentico dove, al pomeriggio, si possono trovare i pensionati che giocano a carte. Non ce ne sono molti altri spazi così lì intorno, e neppure nel resto della città. Da tempo sono scomparse le latterie, le trattorie e le osterie che formavano il tessuto connettivo della città; hanno lasciato il posto a bar e ristoranti dai prezzi ben poco popolari.

A Parigi di posti simili ce ne sono ancora, in centro, nei pressi di Saint Germain de Pres, con le tovaglie di carta, i bicchieri vecchio stile, il vino nelle caraffe e il conto scarabocchiato direttamente sul tavolo. A Milano, purtroppo no. Si sono estinti per far posto a negozi di scarpe, a boutique di moda, a vendite di gadget di lusso. Qualche mese fa su queste stesse pagine ne ha scritto Gianni Barbacetto, che ha definito icasticamente il Circolo e la trattoria un “anacronismo estetico e commerciale, a un passo dai nuovi locali fighetti di Corso Sempione”. Ora dal 10 aprile il Circolo è chiuso. Il casello daziario appartiene al Demanio che l’ha sfrattato, senza un apparente motivo. E assieme alla carta bollata dello Stato, gli ispettori del Comune hanno ritirato ai gestori dell’osteria la licenza commerciale. Perché? Barbacetto si era già rivolto a Lei chiedendole di intervenire, e il suo ufficio stampa ha fatto sapere al giornalista de Il Fatto che la cosa non è di sua competenza. Vero. Ma un Sindaco ha la possibilità di intervenire su casi singoli che sono preclusi a un cittadino come me, o come Barbacetto, soprattutto se questo sindaco ha cuore, come credo Lei abbia, il cuore antico di questa città, la sua identità, che non è quella della “Milano da bere”, ma di piccoli luoghi che andrebbero protetti e preservati. Così sono l’Arci Bellezza o la Bocciofila Caccialanza, di cui Gabriele Ferraresi, uno di coloro che hanno già scritto del Circolo dell’Arco della Pace, ha definito l’anima intatta di una Milano sempre più complicata da scovare.

In alcuni di questi luoghi, del resto, Lei ha trovato sostegno nella sua campagna elettorale e ricevuto consensi non casuali. Chi è stato a pranzo al Circolo Combattenti e Reduci sa quale sia lo spirito del luogo, creato prima di tutto dall’architettura, ma anche dall’arredamento interno, dalla cucina, dal servizio dei gestori, e da chi frequenta il Circolo: operai e impiegati, che ci mangiano assieme a giovani che lavorano lì intorno in case editrici, studi di postproduzione televisiva e cinematografica o officine di design e grafica. È quella città che si stenta a vedere e incontrare nei locali del centro, dediti allo stile fashion e al mordi-e-fuggi economico dei bar alla moda. Il Demanio ha deciso di rientrare in possesso del bene. Per farne cosa? Armando Stella sul corriere.it  scrive che ci si vorrebbe insediare la Fondazione Mike Bongiorno. Forse mancano altri spazi per una realtà come la fondazione intitolata al presentatore televisivo? Per quale ragione destinare un luogo pubblico, aperto alla frequentazione di tutti, come una trattoria o un circolo, ad altri scopi, seppur meritevoli, tuttavia differenti?

Mesi fa mi sono rivolto a Lei chiedendole se pensa mai alla bellezza, le chiedevo perché il Comune avesse approvato un piano edilizio discutibile dal punto di vista estetico in una zona importante della città, di fronte al Cimitero Monumentale. Oggi le rinnovo questa domanda: non pensa che l’anima di una città sia creata proprio da questa tipologia di spazi, com’è un’osteria o un circolo sociale, da un edificio e dal modo con cui è fruito dai suoi abitanti? Parecchi anni fa Christian Norberg-Schultz, storico dell’Architettura, definiva il “genius loci” come lo spirito di un luogo che sopravvive alla continue modifiche degli assetti funzionali e conferisce alle singole città un carattere indelebile, rendendo fenomeni differenti, nelle forme e nel tempo, parti di un’unica e riconoscibile esperienza. Milano cambia e cambierà ancora; lungi da me voler bloccare questo cambiamento, ma uno spazio architettonico come quello disegnato dall’Arco e dai suoi due caselli merita di conservare questa piccola eppur significativa realtà.

Il Demanio non rappresenta solo gli interessi di un ente lontano; siamo noi i destinatari dei suoi eventuali nuovi benefici economici. Perciò credo sia meglio lasciare la trattoria e il circolo delle carte in quello spazio. Se Lei vuole, in quanto Sindaco, ha l’autorevolezza e la competenza per influire su questa decisione. Milano, l’abbiamo imparato a nostre spese in questi ultimi decenni, dipende anche dai nostri piccoli atti quotidiani, dalle eventuali distrazioni, dimenticanze o peggio ancora omissioni. Faccia qualcosa, la città, e non solo noi che amiamo quel luogo, le sarà grata.

Marco Belpoliti - 15 maggio 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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