giovedì 19 aprile 2012

Ratzinger un Papa al tramonto

Verso il crepuscolo

Con gli occhiali nuovi
In un’atmosfera crepuscolare Benedetto XVI entra oggi nell’ottavo anno del suo pontificato. “Così come sto dinanzi a voi – ha detto lunedì al governatore di Baviera Seehofer e ai vescovi bavaresi, che ne festeggiavano l’85esimo compleanno – dovrò un giorno presentarmi al Signore”. La messa celebrata dal pontefice nella cappella Paolina, parole testuali di Seehofer, ha fatto venire la “pelle d’oca”. Il Papa è tornato sull’argomento. “Sto davanti all’ultimo tratto
della mia vita – ha esclamato – e non so che cosa mi è destinato”.

C’è il Ratzinger profondo in queste parole. Uomo di fede, ma consapevole di aver accettato il pontificato per senso del dovere, spinto da altri e non per propria ambizione. Durante la preghiera alla Via Crucis al Colosseo il suo viso assorto e scavato ricordava quelle teste di imperatori romani del Tardo Impero: sguardo severo e disincantato.

A ottantacinque anni Ratzinger è il pontefice più vecchio dell’ultimo secolo. Sa benissimo che si è aperta una fase estremamente incerta. In Vaticano l’attenzione oscilla. C’è chi punta a un cambio della guardia al vertice della Curia per superare il malessere sotterraneo esploso con i Vaticanleaks, la pubblicazione di documenti compromettenti fortemente critici nei confronti del Segretario di Stato Bertone.

I gradualisti puntano perciò a una sostituzione di Bertone nell’autunno prossimo, quando il cardinale compirà 78 anni. L’ala realista, invece, sostiene che Benedetto XVI, diventato sempre più esitante con l’avanzare degli anni, non si priverà del suo braccio destro salesiano. Così sono partite le prime caute manovre in vista del conclave.

Tra le finalità del documento segreto sulla “morte del Papa” rivelato dal Fatto (e consegnato – non si dimentichi – nelle stesse mani di Ratzinger) c’era anche la denuncia della campagna sotterranea in corso per arrivare a un “pontefice italiano”. Con tanto di nome e cognome per danneggiarlo, secondo l’uso curiale: Angelo Scola, attuale arcivescovo di Milano.

Ma tra i cardinali del mondo molti non accettano l’idea di un conclave precotto. Rifiutano che venga interrotto il processo di internazionalizzazione del papato. Candidato di tutto rispetto è il cardinale Marc Ouellet, canadese, già arcivescovo di Quebec e ora a capo dell’influente Congregazione dei Vescovi. Ratzinger lo ha appena nominato suo rappresentante al congresso eucaristico internazionale, che si terrà in giugno in Irlanda. Altri nomi cominciano a circolare. Per l’America del Sud torna ciclicamente quello del dinamico e aperto cardinale honduregno Oscar Maradiaga. Ma non è detto che l’America latina non possa produrre altri candidati.

La novità è rappresentata dall’emergere di due porporati statunitensi: Timothy Dolan, arcivescovo di New York e presidente della conferenza episcopale degli Usa, e Donald Wuerl di Washington. Una novità, perchè sino all’ultimo conclave del 2005, è sempre stato dato per scontato che un pontefice non possa provenire da un paese che sia potenza mondiale. È vero peraltro che il XXI secolo, etichettato dagli ideologhi dell’Amministrazione Bush come “secolo americano”, ha rivelato che gli Stati Uniti non sono in grado di dettare il loro volere al mondo, pur restando sulla scena internazionale il protagonista più potente.

Guardando al futuro della Chiesa, il problema non sta tuttavia nei nomi, ma nella piattaforma dei candidati. Chi è disposto a fare riforme? E quali? Tra Natale e Pasqua Benedetto XVI è tornato due volte sul tema di una Chiesa da riformare. Ponendo un punto interrogativo, beninteso. Il Giovedì Santo si è riferito all’“Iniziativa dei parroci” austriaci, che promettono una sorta di disubbidienza civile rispetto ai temi del celibato e delle ordinazioni femminili . Ma, com’è ormai prassi di questo pontificato, Ratzinger non ha fornito risposte concrete.

Nato come pontificato di transizione, il regno di Benedetto XVI si è trasformato in stagnazione. È un “papa della parola”, sostiene il suo segretario particolare mons. Gaenswein, ed è vero. Il meglio sta nel suo ruolo di teologo, pensatore e predicatore. Ma intanto il peso della Santa Sede sulla scena mondiale è calato drasticamente e nel mondo dei media internazionali l’attenzione riservata al papato si è rarefatta. I rapporti ecumenici sono cortesi, ma bloccati. I rapporti con l’islam e l’ebraismo sono cortesi, ma inoperanti. La mancanza dei preti nelle parrocchie e il calo degli ordini religiosi femminili (che in sei anni hanno perso cinquantamila unità) sono temi rimossi. Sulla folle idea del governo israeliano di lanciare un attacco all’Iran, il Vaticano tace. Sfidando la sua fragilità (i problemi di cuore, l’artrosi, i mancamenti che sembrano affliggerlo) Benedetto XVI ha ripreso a fare i viaggi intercontinentali, che pareva avere archiviato dopo l’Australia nel 2008. Benin, Messico, Cuba, Libano nel prossimo settembre e forse Brasile nel 2013. Quasi a preparare con tali exploit una sua uscita di scena, quando le forze dovessero abbandonarlo.

Marco Politi - 19 aprile 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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