venerdì 1 febbraio 2013

REGIONE LAZIO - 25 mila euro al prete per dire messa

Anche un prete a libro paga 25 mila euro per dire messa

La riconoscenza ecclesiale val bene una messa, anzi, più di una, tanto paga pantalone. Questo forse avrà pensato il neo, si fa per dire, candidato alla guida della Regione Lazio per il centrodestra, Francesco Storace, quando, governatore della stessa nel 2003, ha deciso di assumere un cappellano in Giunta, al modico costo di 12.500 euro annui per celebrare
qualche messa. Importo cresciuto con l’amministrazione Marrazzo a circa 25 mila euro e mantenuto dalla Polverini sugli stessi standard. Risultato: in dieci anni sono stati spesi quasi 200 mila euro di soldi pubblici per celebrare messe alla Regione Lazio. Il fortunato cappellano regionale è padre Achim Schutz, docente di Antropologia teologica presso la Pontificia Università Lateranense e segretario della pontificia Commissione internazionale
d’inchiesta su Medjugorje. “Le casse regionali sono in profondo rosso da anni – denuncia Domenico Farina coordinatore Usb Pubblico Impiego – si tagliano posti letto e servizi vari in nome del risanamento economico ma si stipendia un prete per fargli celebrare poche messe all’anno. Uno schiaffo ai cittadini che continuano a pagare sulla propria pelle i disastri delle  amministrazioni succedutesi in questi anni”.

Alcuni dipendenti che usufruiscono del servizio di “assistenza religiosa” sono pronti a giurare che ultimamente padre Schutz viene in Regione ben due volte a settimana per celebrare la messa la mattina presto, otto ore di lavoro al mese per 2 mila euro, spiegazione che non attenua il malcontento di molti impiegati che, lavorando full time, possono soltanto sognare una retribuzione così generosa. “Il cappellano – comunicano dall’ufficio contabilità della Regione – oltre a percepire questo stipendio usufruisce anche dei buoni pasto. Qualsiasi dipendente per ottenerli deve lavorare almeno sette ore e un minuto al giorno, per quale motivo padre Schutz che al massimo viene due ore a settimana deve avere anche questo servizio?”.

Come se non bastasse la Regione, oltre a stipendiare il cappellano, si fa carico delle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria della cappella interna,  sacrestia e arredi vari, della pulizia dei locali, del posto auto per il prete e perfino dei rimborsi spese per paramenti sacri, libri liturgici e affini. “A parte il fatto che siamo nella capitale mondiale delle chiese e c’è una parrocchia di fronte alla Giunta – dichiara Ivano Peduzzi, capogruppo Fds in Regione, candidato di Rivoluzione Civile alle prossime elezioni regionali – la questione è un’altra. Per quale motivo un’amministrazione pubblica deve spendere dei soldi e tanti per delle funzioni religiose? Siamo in uno stato laico, fino a prova contraria, qui si è fatto un salto nel passato di due secoli, siamo ritornati allo stato Pontificio. Uno dei primi impegni da assolvere dopo le elezioni regionali è l’eliminazione immediata di questo servizio a pagamento. Se qualcuno vuole venire a celebrare messa lo faccia pure ma gratis, i soldi pubblici servono ad altro, soprattutto in questo drammatica fase economica, della Regione e del Paese”.

Una separazione dei poteri non contemplata dalla Polverini che cominciò il suo mandato nel 2010, come governatore della Regione Lazio, proprio con una messa di buon auspicio officiata da don Schutz che nella sua omelia citò un passo del Vangelo secondo Giovanni con un invito “a coltivare la terra”. “Chi riesce ad auto educarsi – disse il cappellano della Regione – e a contribuire alla formazione del genere umano compie un atto di culto”. Viste le ultime vicende che hanno costretto la Polverini alle dimissioni, il buco di 10 miliardi di euro lasciato da Storace nella passata amministrazione da lui presieduta ampliato da Marrazzo e gli scandali vari annessi, questa assistenza religiosa, oltre ad essere uno spreco inconcepibile di risorse pubbliche, sembra essere anche poco efficace.

Luca Teolato - 01 febbraio 2013 -
IL Fatto Quotidiano Pdf
.

0 commenti:

Posta un commento