sabato 1 settembre 2012

TRA I CORAZZIERI DEL SILENZIO B. AGGREDISCE I PM (di Marco Palombi)


CONVERSAZIONI DEL QUIRINALE, STAMPA E POLITICI NON VOGLIONO SAPERE

Quarto potere? Semmai Sesta flotta. La stampa italiana, come gli americani nel Tirreno, naviga in vigile controllo dalle parti del Colle per tenere al sicuro le istituzioni della Repubblica, validamente coadiuvata dalla classe politica quasi al completo. Se negli Usa
come ci ha raccontato Alexander Stille - le tv si accamperebbero davanti alla Casa Bianca se Barak Obama fosse nella situazione di Giorgio Napolitano, la stampa italiana non è stata da meno e s’è accampata in piazza del Quirinale. Solo che l'ha fatto per evitare di sapere, espropriando persino il capo dello Stato della proprietà delle sue parole. E se volesse rivelare i contenuti delle sue conversazioni con Mancino? Giammai, non può, è reato. E se pure lo facesse, non vogliono ascoltarlo , né dire qualcosa al riguardo. Come le tre scimmiette. Un piccolo florilegio aiuta a capire: “Ancora ieri c’era chi invitava Napolitano a rendere pubblico il testo di quelle telefonate, di cui peraltro non dispone. In nome della legalità lo si invitava cioè a commettere un reato, visto che le telefonate sono secretate”, ha scritto sulla prima del Corriere della Sera Antonio Polito, doppiato all’interno da Massimo Franco (“forse non sanno che le intercettazioni non sono in mano a Napolitano e che la loro richiesta è un’istigazione alla violazione del segreto istruttorio”).

Anche Ezio Mauro su Repubblica chiude le orecchie: “Napolitano non ha ‘carte’ da ‘mostrare al popolo’, perché i magistrati le tengono riservate”. Stessa musica per Paola Severino su Avvenire: “Chi continua a chiedere al capo dello Stato di acconsentire alla pubblicazione dei dialoghi intercettati non sa di cosa parla: quelle intercettazioni sono per il Colle un bene indisponibile, non può decidere di farle pubblicare”. Pure Berlusconi, buon ultimo, ora che è accusato di essere il mandante del “ricatto di Panorama”, ha affidato al Foglio il suo mai, neanche morto voglio ascoltare le telefonate di Napolitano: “In questi mesi tormentati il Quirinale è stato oggetto di attenzioni speciali e tentativi di condizionamento brutali, ai quali sono completamente estraneo, dei quali sono un avversario deciso”. Bene ha fatto Napolitano, sostiene dunque il proprietario di Mondadori, a “sollevare il conflitto d'attribuzione che non riguarda certo il settimanale, ma i comportamenti di una Procura”. E qui si dimostra che, nella congiura del silenzio, ognuno ci sta per un motivo suo: i berluscones vogliono confutare l'idea che quello di Panorama sia un ricatto, attaccare la magistratura e portare a casa la legge-bavaglio; quelli del Pd dire che è colpa di Berlusconi e dei populisti e attaccare moderatamente la Procura di Palermo; Casini sta nel suo, dice “no al giustizialismo” ed elogia Napolitano “(“ha difeso la magistratura, è assurdo che lo accusino”); Vendola si rifugia in un “fortunatamente l’inquilino del Quirinale ha una storia così limpida che non può essere scalfita”. Qualcuno – la finiana Germontani – vorrebbe addirittura convocare il Copasir, anche se non risulta che la faccenda intersechi l'attività dei Servizi (o sì?).

Sono gli editoriali, però, il luogo in cui la congiura del silenzio sale di livello e diventa vera e propria analisi politologica: in questa storia, è sempre l'Ezio Mauro di ieri, conta “solo la demagogia di chi dipinge la nostra democrazia come un sistema marcio dal suo vertice fino alla base: per aprire la strada al ribellismo populista, che già una volta ci ha regalato la peggiore esperienza della storia repubblicana”. Parrebbe di capire che il problema sia il pericolo Grillo, che poi è come se fosse il pericolo Berlusconi . Specifica Massimo Franco sul Corsera: “Si cerca di impedire una stabilizzazione dell'Italia lungo l'asse moderato tra Giorgio Napolitano e il premier Mario Monti”.

Infioretta il direttore Claudio Sardo su l'Unità: “Questa impresa, è bene dirlo senza infingimenti, ha un carattere eversivo. Delegittimare il capo dello Stato in un contesto così critico vuol dire delegittimare il finale di legislatura, le candidature, le alleanze elettorali, insomma le stesse forze che saranno chiamate dai cittadini a guidare il Paese dopo il voto”. In definitiva, “si vuole dimostrare che il cambiamento è impossibile, lasciando il campo a oligarchi e nuovi populisti”. Si può sapere se il capo dello Stato può intervenire su un'indagine in corso? Si può sapere se lo ha fatto? Si può sapere se è intercettabile ? No, sennò arrivano Grillo e Berlusconi, che poi sono la stessa cosa. Fortuna che ci sono Sallusti e il suo Giornale: “Qui l'unico complotto è quello ordito lo scorso anno per mandare a casa il governo Berlusconi”.

Marco Palombi - 01 settembre 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
.

0 commenti:

Posta un commento