sabato 15 settembre 2012

Non regge il tetto ai supermanager: la lista dei ricconi (di Carlo Tecce)


IL MINISTRO PATRONI GRIFFI A CACCIA DEGLI OVER 294MILA EURO. PER ORA SE NE CONTANO 18, MA SONO DESTINATI A CRESCERE

Il tetto non resiste, mostra crepe. E i più astuti vanno lassù, oltre il limite di stipendio (294mila euro) fissato per i manager pubblici equiparati al primo presidente in Cassazione. La
legge è in vigore, germogliata faticosamente per mano del ministro Filippo Patroni Griffi che, prima di fare e disfare, s'è preso la briga di controllare. E ha beccato 18 furbi su 37 amministrazioni, ma ne mancano 43 e l’elenco potrebbe lievitare.

Il ministro per la Funzione pubblica ha riferito le scoperte in audizione a Montecitorio senza, però, rivelare i nomi. Quei nomi che Il Fatto può scrivere. Tra i 18 c'è Antonio Manganelli. Il capo della Polizia è ancora distante dai 294mila, percepisce almeno il doppio.

Le infrazioni vanno dai 30mila ai 300mila euro. E riguardano anche Attilio Befera, direttore dell’Agenzia delle Entrate; Franco Ionta, ex Dipartimento amministrazione penitenziaria e ora in Procura, a Roma, a occuparsi di immigrazione; Gaetano Caputi, direttore generale di Consob che il presidente Giuseppe Vegas ha voluto portarsi dal ministero del Tesoro; Giovanni Paolo Polizzi, dirigente dell’Isvap, l’autorità di controllo sulle assicurazioni; Cesare Patrone, direttore del corpo Forestale, e Pierluigi Di Palma, segretario generale della Difesa. Poi ci sono situazioni più agevoli, cioè facilmente risolvibili, fra avvocati di Stato e dirigenti pluridecorati (assieme ai magistrati) che sommano rilevanti indennità.

Patroni Griffi ha sempre un’espressione sofferta, giura che farà restituire il maltolto, ma i 18 potranno sempre replicare: perché con noi usate l’accetta e con i colleghi di società controllate dal Tesoro preferite la piuma? Giusta osservazione. Perché i colleghi restano immuni tra ridicoli ritardi e strategiche perdite di tempo. Il decreto “Salva Italia” si è abbattuto soltanto sui funzionari pubblici, e Patroni Griffi può vantare qualche merito, aspettando un provvedimento interno del ministero del Tesoro. In via XX settembre devono semplicemente redigere un testo e spingere un tasto. Non c'è bisogno di articolesse sofisticate: la legge vale per le due categorie, anche se seguendo percorsi paralleli. Il percorso al Tesoro è una strada senza uscita. Avevano promesso un intervento esattamente nove mesi fa. Hanno corretto le stime, come se la legge fosse uno spread, a fine maggio. E ancora a giugno, a luglio, e non mettiamoci agosto per carità ferragostana.
I rimandi sono tecnici poiché i sacrifici sarebbero inevitabilmente netti. Come la prenderà Mauro Moretti, amministratore delegato di Ferrovie che sfreccia verso il milione di euro? E non sarà sufficiente un paracadute bancario per Massimo Sarmi (Poste), inscalfibile a un milione e mezzo. Impossibile sbrogliare le poltrone di Antonio Mastrapasqua, che soltanto per la vicepresidenza di Equitalia incassava quasi 500mila euro nel 2010. Finché l’immaginazione si ferma dinanzi all’idea di arginare le spropositate retribuzioni dei vertici di società multinazionali. Quelle aziende un po’ pubbliche e un po’ private, quotate in Borsa, come l’Eni del presidente Paolo Scaroni, reduce da un 2011 chiuso con 5,8 milioni di euro.

Il ministro Patroni Griffi prepara il prossimo resoconto da inviare a Montecitorio, deve terminare il giro fra le 43 amministrazioni che devono rispondere a un appello imbarazzante: rispettate la legge o la ignorate? Per adesso, 18 non sono entusiasti del decreto “Salva Italia”. Proprio adesso che qualcuno, anche tra di loro, pensa che l’Italia sia salva. E 294mila euro non possono bastare.

Carlo Tecce - 15 settembre 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
.

0 commenti:

Posta un commento