mercoledì 5 settembre 2012

NICHI SI VUOLE SPOSARE (MA IL PD NON È D’ACCORDO) (di Wanda Marra)


Battibecco tra Vendola e la Bindi. D’Alema: non mi occupo di sentimenti

Reggio Emilia
"Io non voglio stare dentro un acronimo, Pacs, Dico. Tutto fatto con grande coraggio, ma quel coraggio non contemplava la mia vita. Voglio poter dire che a 54 anni mi voglio sposare con il mio compagno”. Ha la voce vibrante Nichi Vendola, quasi spezzata dalla commozione, mentre sbatte in faccia a Rosy Bindi sul palco di Reggio Emilia con lui
(intervista Bianca Berlinguer) non una posizione politica, non una rivendicazione di parte, ma un’esperienza esistenziale. “Bravo”, gli urlano da una platea piena, nonostante l’ora (sono quasi le 11 di lunedì sera) e la pioggia, anzi, il diluvio. Un momento d’emozione che rompe il velo delle chiacchiere, dei bizantinismi politici, degli anatemi intorno alla questione delle unioni omosessuali. Così Vendola chiede anche in Italia il matrimonio gay, in nome di “diritti interi e non dimezzati”. Accanto a lui la Bindi si agita sulla sedia, guarda per terra, controlla l’orologio. D’altra parte solo a luglio ha guidato il Pd a votare in assemblea nazionale un documento che parlava di unioni civili, ma neanche menzionava una prospettiva verso i matrimoni gay. Allora in 38 dissero no, tra deleghe stracciate e tessere restituite. Ieri la Bindi ancora una volta ha ribadito quella posizione: “Se parliamo di diritti e unioni civili questo è un obiettivo che siamo in grado di porci”. D’altra parte, “la Carta costituzionale italiana di recente interpretata dalla suprema corte ci dice con chiarezza che mentre è possibile riconoscere le unioni civili non è possibile prevedere matrimoni per persone dello stesso sesso”. Cerca la solidarietà della platea: “Vado in giro con quella: dopo che mi hanno attaccato i vescovi e poi pure i gay”. La butta in battuta (ma non troppo) Vendola: “Possiam sempre cavar via dalla Costituzione il pareggio di bilancio e metterci il pareggio dei diritti”.

Nichi Vendola e Rosy Bindi - Reggio Emilia
Lunedì il suo compagno, il canadese Ed Testa, non era con lui: fuori per lavoro. Ma spesso i due sui vedono insieme in Puglia, come a Roma. Mentre media di vario tipo ieri si sono scatenati alla ricerca di particolari, alla passionalità di Vendola fa da contrappunto lo sprezzo tra l’imbarazzato e il disinteressato dei maggiorenti del partito, che ieri hanno sfilato a Reggio Emilia. “No, è, non mi fate parlare di questo”, comincia Franco Marini, chiara fede cattolica, sbarcato in città in mattinata, allargando le braccia. “Questi sono i sentimenti di Vendola”, dice con il consueto tono tra il distaccato e l’ironico Massimo D’Alema, che sul merito giuridico e sociale (e dunque non proprio solo sentimentale) non ha voglia di rispondere: “Vendola, se parlasse meno dei matrimoni gay e un po’ di più di come governiamo insieme la Puglia, forse sarebbe anche più popolare”. Anna Finocchiaro, sbrigativa: “Forse se ci poniamo l’obiettivo delle unioni civili riusciamo anche a raggiungerlo, se invece parliamo di matrimonio non ci riusciremo mai”. “Sono sulla linea della Bindi”, taglia corto Enrico Letta, che d’altra parte ieri sera ha scelto di parlare d’Europa con Jean Paul Fitoussi. Su tutt’altra lunghezza d’onda Ivan Scalfarotto che all’assemblea di luglio presentò un odg per i matrimoni gay (dichiarato non ammissibile e dunque non messo ai voti): “Dico a Nichi benvenuto tra noi”. Paola Concia, che in Germania con la sua compagna si è sposata, invita a non scadere nel personalismo: “Per me è un obiettivo evidente. Io l’ho fatto perché sentivo che quella era la persona con la quale voglio condividere la vita. Ma non trasformiamola in una questione di pruderie”. “Nun me fate parla’ degli omosessuali”, si schernisce Beppe Fioroni. Che pure si rifugia nella Costituzione: “Il matrimonio gay non si può fare”. Ma poi, quasi a monito che queste tematiche per la gente sono fondamentali, in mezzo a un dibattito rigorosamente incentrato su alleanze e primarie, con una divagazione in difesa della legge 40 sulla fecondazione assistita, appena bocciata dall’Europa, si trova a dover fronteggiare la veemenza di una signora del pubblico che gli chiede, inserendosi dalla prima fila, perché per fare la fecondazione le donne italiane siano costrette ad andare all’estero.

Wanda Marra - 05 settembre 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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