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AGCOM E PRIVACY, IL PARLAMENTO S’INCHINA AL DIKTAT DI ABC
Di Pietro e Vendola: “Ora con il Pd è rottura”
Questo è un racconto di poltrone, trattative, strategie e fame di potere. Questo è un racconto di tre giorni che annienta la credibilità di Agcom e Privacy. Questo è un racconto di tre partiti, quelli che sostengono il governo di Mario Monti, che escludono la concorrenza per papparsi
le Autorità di garanzia e controllo. Il finale è fresco di stampa. E va diviso in parti uguali attraverso un paio di fotogrammi: Italia dei Valori e Radicali che lasciano le aule parlamentari e protestano assieme a Nichi Vendola; i senatori e i deputati di Pdl-Pd-Udc che votano mestamente i commissari indicati dai segretari in sigla Abc, Alfano-Bersani-Casini. Vendola
e Di Pietro vanno oltre e assaltano i potenziali alleati del Pd: “
Quello che è accaduto sull’Agcom è una ferita che apre scenari problematici anche per eventuali coalizioni – scrive il fondatore di Sel in sintonia con il presidente Idv –
Lo dico al Pd con lo sgomento più sincero: non può essere un incidente. É una rottura quella che si è voluta introdurre rispetto ai propri codici di cultura democratica”.
L'ultima scena è talmente scontata che nemmeno un romanzo di Federico Moccia.
Le previsioni vanno in buca. Tutte. E qui s’incrociano nomi e patti. I berlusconiani eleggono a fatica Antonio Martusciello (confermato, ex sottosegretario di B. ex agente Publitalia),
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Antonio Preto (funzionario Ue, amico di Tajani e Brunetta) all'Agcom e poi sistemano Augusta Iannini (magistrato, moglie di Bruno Vespa, ex capo dipartimento al ministero della Giustizia) e Giovanna Bianchi Clerici (Cda Rai, un obolo ai leghisti) alla Privacy. S'abbracciano, felici. Anche se Angelino Alfano s'infuria perché i conti non tornano e qualcuno ha disobbedito. Il Partito democratico s'è fatto un mucchio di pezzettini, ma i capigruppo a Montecitorio e Madama l'hanno messo insieme richiamandosi a una disciplina di partito imparata in tempi andati: Arturo Parisi ha disertato, tanti suoi colleghi hanno votato, però minacciano di lasciare Bersani e compagni. Già, Bersani. Il segretario è riuscito a fondere le aspettative e le richieste di Dario Franceschini e Massimo D'Alema senza scontentare Pier Ferdinando Casini che chiedeva un posticino all'Agcom. Il Pd ha nominato
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per le telecomunicazioni soltanto il quotatissimo Maurizio Decina, docente al Politecnico di Milano, ex consigliere d'amministrazione di Italtel, Tiscali e Telecom (di cui è stato consulente). I democratici hanno regolato le ambizioni interne con Antonello Soro (ex capogruppo a Montecitorio) e Licia Califano (allieva di Augusto Barbera) ai Dati personali. Completa lo squadrone di otto commissari, quattro per Autorità a 260 mila euro (mandato di sette anni) più ufficio con segreteria e autista durante l'orario di lavoro, lo sconosciuto Francesco Posteraro (Agcom), che nove anni fa ebbe la fortuna di farsi promuovere vicesegretario generale di Montecitorio dal presidente Casini. La folgorazione s'è trasformata in amicizia, e dunque l'Udc s'è spesa per lui. Quelli che conoscono le Autorità si chiedono se i commissari per l'Agcom sapranno dimostrare “notoria indipendenza e prestigiosa professionalità” (dice la legge) e se i colleghi per la Privacy hanno “conoscenze giuridiche e informatiche” (dice sempre la legge). Beppe Grillo risponde di no: “L'Agcom è una presa per i fondelli, va chiusa”. Per terminare il giochetto, manca il presidente Agcom che il governo potrebbe scegliere nel pomeriggio: le quotazioni danno in vantaggio Angelo Marcello Cardani (Università Bocconi, collaboratore di Monti a Bruxelles) su Enzo Portarollo (Cattolica). Questo è il giro di chiusura. Qualcuno pensava che la corsa potesse svolgersi con regolamenti trasparenti. Novanta candidati fra associazioni e movimenti avevano inviato il curriculum ai presidenti di Camera e Senato. Di Pietro ha suggerito dove pescare quei
curricula: “Sono stati usati come carta da cesso”.
Carlo Tecce - 07 giugno 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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