venerdì 11 maggio 2012

PROCESSO RUBY, LO SCHIAFFO DI MONTI

CORRUZIONE: PRONTO UN NUOVO SALVA-RUBY, MA IL GOVERNO DICE NO
Il ministro Severino dice no al tentativo del Pdl di introdurre una norma ad personam per salvare Berlusconi dal processo di Milano Tesi i rapporti nella maggioranza. Il
premier: vado avanti fino al 2014 La sconfitta elettorale non ferma i berluscones. Lo scontro sulla giustizia rischia di far saltare o snaturare la legge sulla lotta alla corruzione - La concussione? Solo se c’è denaro. La Severino: “Siamo contrari”

La sconfitta elettorale non ferma il Pdl dalla difesa a oltranza dei guai giudiziari di Berlusconi. E stavolta è il ddl corruzione e, più in generale, il piatto giustizia, a rientrare prepotentemente nell’agone dello scontro politico. Ieri è stata rottura della maggioranza in commissione Giustizia della Camera, con il governo che – a questo punto – deve decidere se rischiare la sopravvivenza, ponendo la fiducia sul provvedimento nel nome della ferma volontà di dare al Paese “una legge forte sulla lotta alla corruzione” (parola del ministro Paola Severino), oppure lasciare che il provvedimento sia snaturato e depotenziato dagli emendamenti dei berluscones prima in commissione e poi in aula. Come quello che ha tentato di far passare ieri Francesco Paolo Sisto del Pdl; voleva che il reato di concussione fosse cambiato in modo da renderlo possibile solo attraverso “lo scambio patrimoniale tra le parti”. Un modo fin troppo evidente per azzoppare definitivamente l’accusa di concussione nei confronti del Cavaliere al processo Ruby, ma gli è andata male.


Il ministro Severino ha respinto il tentativo di aggressione con perdite. Peccato, però, che non sia finita qui. Di fatto, con la riforma del lavoro che muove i primi passi verso una concertazione tra maggioranza e governo, la giustizia è il nuovo fronte caldo con cui il governo dovrà fare i conti per arrivare a fine legislatura. “Non escludo ci sia un problema di questo tipo – ha ammesso , non senza un po’ di fastidio, la Guardasigilli – ma la posizione del governo è quella di volere fortemente la lotta alla corruzione e certe modifiche sono necessarie”. La possibile contromossa, per evitare trasformazioni imbarazzanti dell’articolato, può essere solo quella di porre la questione di fiducia, ma il rischio è molto pesante. Nel governo, ha ammesso la Severino, di questo non si è affatto parlato, ma il tema diventerà presto di stretta attualità per il tavolo più alto di Palazzo Chigi. Ieri Giulia Bongiorno, presidente della commissione Giustizia della Camera, ha detto di voler mantenere fede all’impegno di portare il ddl in aula entro il 28 maggio, ma non ha potuto nascondere la preoccupazione per “come” il ddl potrà arrivarci: “Sono molto preoccupata – ha ammesso la finiana – praticamente nella maggioranza non c’è accordo su nulla...”. Fini le ha dato man forte: “La legge al più presto in aula”, ma il problema politico appare pesante. Perchè se i berluscones decideranno di voler tornare al testo Alfano, varato prima dell’avvento di Monti, il governo dovrà scegliere se rischiare.
Certo, a giudicare da quello che ieri Monti ha scritto a Napolitano, confermandogli la ferma intenzione di “portare a termine il mandato” (è stata notata l’assenza di uso di termini temporali così come l’assenza della frase “fine legislatura”) sotto l’attenta guida del Quirinale, non sembrerebbe esserci nel governo alcun timore di poter “cadere” proprio su un provvedimento riguardante la giustizia. “Ma la giustizia – ha comunque avvertito sempre la Bongiorno – è la malattia di questa maggioranza, di cui non ci libereremo mai..”.

Insomma, diventa davvero difficile la strada per il ddl anti-corruzione. Dopo il ko per il governo due giorni fa sull’emendamento Giachetti (che introduce una stretta sui magistrati fuori ruolo), ieri si è registrata una vera e propria spaccatura nella maggioranza sull’articolo 9, quello che contiene la parte penale. Le posizioni sui temi più sensibili del testo (ossia pene, prescrizione e nuovi reati) sono diametralmente opposte. Tra l’altro, la decisione della Guardasigilli di rimettersi alle decisioni della commissioni Affari Costituzionali e Giustizia della Camera su molti sub- emendamenti ha provocato ulteriori malumori. Alcuni parlamentari del Pdl hanno fatto sapere che il Pd fosse a conoscenza della cosa già ieri sera, mentre il ministro non aveva anticipato nulla al partito di Berlusconi. Dal Pdl hanno persino lanciato la provocazione: “Perchè Severino ha deciso di rimettersi all’aula, ha forse paura di finire sotto?”. Però, c’è anche un altro dato da tenere presente: dopo il divorzio dalla Lega, anche il Pdl è in difficoltà, perchè l’Idv e il Terzo Polo sono dalla parte del Pd su molte tematiche. Dal canto loro i democratici, con la capogruppo in commissione Giustizia, Donatella Ferranti, hanno lanciato un avvertimento ai colleghi di maggioranza: “Non accetteremo nessuno slittamento”. Il timore del Pd è proprio quello che, alla fine, si esca dalla commissione con il vecchio testo Alfano. Comunque, il piatto giustizia è tornato drammaticamente caldo, soprattutto per il governo. Il Pdl si sarà pure polverizzato dentro le urne delle amministrative e sarà anche in preda ad una balcanizzazione profonda, ma quando c’è da salvare il Capo dai suoi guai si rimettono tutti in fila come soldatini. Le antiche abitudini sono dure a morire, anche nella disgrazia.

Sara Nicoli - 11 maggio 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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