domenica 13 maggio 2012

Manca sempre un miliardo (di Furio Colombo)

Vengo subito al punto. Rifletterò, come tutti coloro che stanno scrivendo o parlando in questo momento, sul vuoto in cui stiamo vivendo, persone screditate, idee ovvie o usate, e un mare di preannunci del peggio e di esortazioni al meglio che ormai viaggiano
esclusivamente enunciate in cifre. Ma alla fine giungerò a una conclusione che irrita molti, in questa Italia desolata.

Dirò che, in tanto vuoto e in tanta confusione, continuano a incuriosirmi (diciamo pure a interessarmi) i Radicali con cui pure concordo sì e no al 50 per cento. Dirò anche la ragione: tuona la denuncia, si scatena il dissenso. Ma resta questa cosa in più: la loro conclusione non è mai “fate qualcosa”, il loro tipico messaggio è “facciamo qualcosa, adesso, o per Regina Coeli o per il Tibet. Noi – e tutti coloro che vogliono unirsi – adesso e subito”. Ma vediamo il diario di una nostra giornata.
Per prima cosa noti una inerzia che ha qualcosa di magico, e che blocca qualunque evento, salvo la routine di sopravvivenza organizzata (improvvisata) da un governo lontano che continua a non rivelarsi. Di tanto in tanto (circa una volta alla settimana) si leva il grido “La legge è questa”. La legge, di cui non si conosce il capo o la coda o le vere conseguenze, viene prontamente approvata e va via, chissà dove, per chi, o contro chi.

Quando si sentono le proteste dei malcapitati cittadini colpiti da quella legge, è tardi per riparare e di solito seguono condoglianze. Sto descrivendo una macchina a cui mancano pezzi (un'idea del prima e del dopo) e che quindi funziona con difficoltà e disagio , come una protesi misurata male. Provo a inventariare.

Primo, il governo. Possiamo (e dobbiamo) dire ancora una volta che questo governo viene dopo un circo di giocolieri e profittatori, pessimi ma anche incompetenti, e dunque non può che essere migliore. Ma chi sono? In Parlamento i banchi del governo restano, quasi sempre, quasi del tutto vuoti, le risposte del governo, se ci sono, sono vacue e gentili, c'è l'istintivo schermarsi dei consigli di amministrazione, una esposizione o rendiconto che è sempre di numeri, senza alcun argomento di merito (contenuto), si tratti di F-35 da acquistare o di anziani da assistere. Di solito manca un miliardo (la cifra qui indicata è simbolica), altrimenti il caso si potrebbe risolvere.

Secondo, il Parlamento. È diventato una macchina strana in cui il dovere di non contrapporsi (per poter dare insieme il voto che sostiene il governo) esclude dibattito o approfondimento di qualunque argomento. Ogni cosa che dite (sto facendo la parodia dei processi americani) potrebbe rivolgersi contro di voi. Infatti se provi ad andare a fondo di una questione c'è il rischio che “loro” non votino o votino contro, facendo saltare il governo. E così i discorsi alla Camera o al Senato diventano arte varia. E proporre qualcosa di diverso da ciò che è già prescritto dalla legge in esame, proposta esclusivamente dal governo, è comunque un pericolo. Potresti anche raccogliere un certo favore. Ma, ti fanno osservare, comunque manca un miliardo.

Terzo, “il provvedimento”. Si chiamano così le leggi, mentre si discutono e si votano in Parlamento. Qui però bisogna tener conto che non si sta disegnando un Paese o anche una piccola parte di esso . Si stanno mettendo in ordine i conti. Come? Le regole, come in un concorso, vengono date dall'esaminatore al momento della prova. Quindi, la bravura che ti viene chiesta non è politica e non esprime, bene o male, una filosofia della vita, di un Paese, di un partito o legislatore.

È una sorta di grande gioco di parole incrociate. Se la frase già scritta autorevolmente dal governo nelle caselle è “pareggio di bilancio” devi agganciarti a una di quelle lettere o consonanti per giocare. E fingerai di non avere sentito l'ammonizione di Paul Krugman: “L'Europa si sta suicidando come i suoi piccoli imprenditori. Ma lo fa credendo di salvarsi”. E alla fine si scopre che tutto procede, che stiamo migliorando. Purtroppo manca sempre un miliardo.

In una situazione strana come questa, i Radicali mi interessano persino se dissento da ciò che essi dicono sui sindacati o sulla Camusso. Vedono il baratro e gli errori, e quel di più di terreno fertile per gli errori che chiamano “illegalità pervasiva e costante”. Si sono fatti una piccola fama di persone che fanno bene i conti. Sanno che – in ogni caso – mancherà un miliardo. Però, per loro, questa non è una buona ragione per non sapere che cosa significa, alle quattro del mattino, “sgombero di un campo rom”; questo non è un alibi per approvare il costosissimo trattato con la Libia e il crimine dei respingimenti in mare; questo non autorizza i mandanti delle falsificazioni di liste elettorali a governare. Sappiamo che propongono una legge elettorale (il cosiddetto “sistema americano”) e meritano almeno una risposta se non altro per il fatto di restare inerti a lasciar passare il tempo.

Sappiamo che sono contro il finanziamento pubblico ai partiti (con un referendum che li ha sostenuti in modo clamoroso). Sappiamo che ricevono sostegno pubblico per Radio Radicale (si possono calcolare i costi ora per ora di trasmissione, “del servizio pubblico”) e, in questa radio tutto è aperto a tutti, e informa su tutto, anche contro se stessa. Insomma, ecco la differenza, che non sarà enorme e non salva il mondo. Ma chi soffre di isolamento e di solitudine, (che sono i mali più gravi di questa Italia) tra i Radicali trova il pensiero fisso, quasi ossessivo, degli altri (che una volta era l’impegno delle chiese): vivere, morire, difendere i propri diritti umani e civili, sottrarre chiunque alla pena ingiusta. Nei partiti, che chiameremo “normali”, si continua a discutere sul prossimo leader.

Furio Colombo - 13 maggio 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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