lunedì 7 maggio 2012

LA SOCIETÀ DEI SUICIDI (di Silvia Truzzi)

La bandiera bianca è il simbolo della rinuncia. Eppure sui drappi candidi che sfilavano venerdì a Bologna, sostenuti dalle “vedove della crisi”, c’era ancora un velo di resistenza. Non stupisce vedere tante donne in questa macabra
sfilata della recessione economica. Sulle loro spalle – guardate le vostre madri, amiche, compagne e sorelle - ricade troppo spesso la gestione delle fatiche familiari di accudimento, cura, sopportazione, lotta. Dall’inizio del 2012 sono 73 le persone che si sono tolte la vita a causa della crisi e della mancanza di lavoro: lavoratori licenziati, imprenditori in crisi,
Le “vedove della crisi” sfilano a Bologna.
A sinistra, Julia Tymoshenko
 
 disoccupati. Solo il mese scorso si sono suicidati in nove. Il 28 marzo, davanti alla sede della Commissione tributaria di Bologna, Giuseppe Campaniello, un artigiano nei guai con il fisco, si è dato fuoco. È morto dopo un’agonia di qualche giorno all’ospedale di Parma. Sua moglie, Tiziana Marrone, ha organizzato la manifestazione di venerdì: “La disperazione è totale, mio marito non si è sentito sostenuto, non avrebbe mai fatto una cosa del genere. I nostri mariti erano disperati, non pazzi”. Il suicidio è un atto sconvolgente, complesso soprattutto dal punto di vista della comprensione. Una questione privata, assolutamente individuale, che in questo caso ha però un tratto comune. Si tratta, pur nella diversità delle situazioni, di persone tutte gravate da problemi economici. Per questo è rischioso ma doveroso avventurarsi su una strada tanto sdrucciolevole, dove il dolore e la fragilità segnano la linea di mezzeria e non ci sono guard rail a protezione. La signora Marrone ha lanciato un appello a coloro che si sentono strangolati dalla crisi e dai debiti chiedendo che “chi è nelle stesse condizioni di mio marito parli con le proprie famiglie”. Suo marito non le aveva detto nulla. E questo silenzio è diventato la culla di una tragedia, in cui un uomo annientato dalla paura di un orizzonte cieco ha fatto la cosa più terribile. E tanti come lui: queste tragedie sono un dolore personale e familiare, ma anche sociale. Il dovere di una comunità dovrebbe essere dare speranza a tutti. “Il primo diritto di ogni persona è di poter vivere una vita sensata, e a ciò corrisponde il dovere della società di crearne le condizioni”, ha detto Gustavo Zagrebelsky parlando proprio del suicidio. Ovviamente non ha senso dire “è colpa di Monti”, o chi per lui. Forse ha più senso chiedere che chi può non si giri dall’altra parte, che faccia qualcosa. Ma non basta. ''Io non dormo dal 28 marzo, ho bisogno delle istituzioni per andare avanti, ma chiedo anche di essere lasciata in pace perché se lui sa che sono tranquilla riposerà il pace anche lui. Non ho un lavoro e non so come fare a vivere e ho paura che lo Stato venga a bussare alla mia porta. Si sono già presi mio marito, mi chiedo che altro vogliano da me”. Con queste parole Tiziana Marrone dà l’avvertimento decisivo alle persone che si sentono senza via d’uscita come suo marito: “adesso sono sola”. Lei, come le altre vedove, deve affrontare oltre al dolore della perdita, la difficoltà pratica della vita quotidiana. Non si può giudicare chi si toglie la vita: di fronte ai drammi ultimi non c’è opinione, solo il sentimento di chi compie un gesto definitivo. Non è protervia ricordare che attorno, dopo, non c’è solo il vuoto di chi se n’è andato ma soprattutto la pena e la fatica di chi resta. E questo, per chi pensa di dire addio, può essere forse un pensiero salvifico.

Silvia Truzzi - 06 maggio 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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