lunedì 30 aprile 2012

Chi ha paura dello spread? (di Piergiorgio Odifreddi)

La notizia economica del giorno è, o sarebbe, che le elezioni politiche francesi e la crisi di governo olandese, oltre a provocare una caduta delle borse, hanno causato un aumento dello spread tra i titoli di stato italiani e quelli tedeschi.

Ora, non bisogna essere dei geni per capire che in questa pseudodeduzione di un supposto effetto italo-tedesco da una causa franco-olandese c’è qualcosa di molto sospetto. Anzi, un vero e proprio errore logico, chiamato dagli scolastici post hoc, ergo propter hoc: “dopo, dunque a causa di”.

Si tratta, naturalmente, di un errore comunissimo e diffusissimo. E’ lo stesso compiuto da coloro che si prendono un raffreddore o un cancro, pregano il loro taumaturgo di fiducia perchè interceda presso il dio dei raffreddori o dei cancri, guariscono, e finiscono per credere nell’efficacia delle loro giaculatorie, invece che nel funzionamento del sistema immunitario. O delle medicine, che spesso affiancano “per maggior sicurezza” alla terapia vodoo.

Un errore contrario, molto meno comune e diffuso, consiste nel credere che non ci sia mai un legame tra le cause e gli effetti. Anzi, che la causalità non sia altro che una superstiziosa elevazione del post hoc, ergo propter hoc a principio, come sosteneva appunto lo scettico David Hume nel Trattato sulla natura umana.

Nel caso delle fluttuazioni dello spread in particolare, e della borsa in generale, la teoria economica classica ritiene che esse siano appunto effetti deterministici provocati da cause oggettive, attraverso la mediazione soggettiva degli operatori economici. E a volte può anche essere utile far finta di crederci: ad esempio, quando si riesce in tal modo a mettere finalmente fuori gioco Berlusconi, grazie al supposto legame fra le sue “politiche” e il superamento del livello di guardia dello spread.

Questo non significa, però, che ci si debba credere veramente. E, meno che mai, che si debba guardare alla borsa come a un termometro in grado di indicare una supposta febbre del mercato, e basare sui suoi responsi una terapia di risanamento da una supposta malattia dell’economia. Terapia che, nel caso nostro, sarebbero le misure economiche del governo Monti, “suggerite” dalla Banca Centrale Europea e dal Fondo Monetario Internazionale.

In realtà, sono ormai passati 150 anni da quando Jules Regnault intuì, nel Calcolo del rischio e filosofia della borsa, che i mercati si muovono in maniera casuale, allo stesso modo degli ubriachi (o, se si preferisce, dei pollini in sospensione nell’acqua). Ed è passato più di un secolo, da quando Louis Bachelier iniziò a studiare in maniera matematica La teoria della speculazione.

Per immunizzarsi dai post hoc, ergo propter hoc del sedicente determinismo finanziario, un ottimo vaccino è il libro di Benoit Mandelbrot e Richard Hudson su Il disordine dei mercati (Einaudi, 2005). Ma i pigri possono meditare su un semplice fatto: che se si investe 100, e la borsa prima perde il 10%, e poi guadagna il 10%, ci si ritrova con 99. E se si investe 100, e la borsa prima guadagna il 10%, e poi perde il 10%, ci si ritrova di nuovo con 99. “Strano gioco, l’unico modo per vincere è non giocare”, direbbe il computer di War games. E avrebbe ragione.

Piergiorgio Odifreddi - 29 aprile 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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