mercoledì 20 febbraio 2013

Un Grillo a bordo nel Paese dei tordi (di Oliviero Beha)


Quando a tordi e quando a grilli, dice un proverbio romanesco per evidenziare le diverse sorti. Ma qui c’è Beppe Grillo da una parte e un Paese di tordi o, nel caso della stragrande maggioranza degli italiani in crisi nera, di ex-tordi dall’altra. Senza filtri giornalistici, da uomo della strada, non sarebbe tempo di proverbi. Abbiamo di fronte un Paese sfinito, in cui gli
sporcaccioni stanno abbassando ogni soglia di legalità in una discesa ripida di qualunque etica. L’Italia è un Paese ormai (definitivamente?) amorale, e la campagna elettorale si è incaricata di confermarlo.

Per carità, Berlusconi guida come sempre il gruppo anche con la sua ultimissima invenzione, quella delle lettere-truffa a casa nostra che invitano a votarlo mascherando l’invito da istruzioni per recuperare la famigerata Imu. Ma ti volti a guardare fuori dal Palazzo almeno in senso proprio (giornalisti, economisti, megaimprenditori, tributaristi, professionisti liberali altoborghesi ecc. non sono poi così distanti in caste dalla supercasta) e anche Giannino chiede venia perché ha mentito sul suo curriculum. E sarà pure il vento forte degli ultimi giorni elettoralistici, ma assisti a capriole “che non fanno bene allo sport”, intendo a quel minimo di decenza della disciplina politica.

Beppe Grillo, p.zza Duomo - Milano -
Monti ormai cambia posizioni più volte al giorno, e Bersani – oltre a recuperare tutte le foto di famiglia, esattamente ciò da cui si scappa – di mattina teme Grillo (“ci porta verso una situazione greca”)  e di pomeriggio invece teme Grillo ma più soavemente (“testeremo i grillini in Parlamento”). Non vi dico poi delle banderuole concettuali dei minori e dei minimi, di cui il pretore e forse anche l’elettore non si cura. Di fondo c’è una certezza, oltre l’arroganza del potere e dei poteri: sono le elezioni di Grillo, comunque vadano. E di ciò hanno tutti paura. Perché la Grecia non è purtroppo così lontana e in queste condizioni drammatiche non ci ha portato Grillo. Perché al contrario ha canalizzato la protesta indirizzandola verso un voto invece che verso una tendenziale violenza di piazza, riempiendo appunto le piazze pacificamente. Perché obbliga a ricordare i nefasti complessivi della politica fin qui nessuno escluso, e la memoria (udite udite !!!) è una forma di ordine pubblico se chi ricorda non vuole rifare gli errori dei predecessori. Perché ha polverizzato l’uso politico della tv giocando con esso come il grillo con i tordi. Perché comunque non sarà lo stesso Parlamento, qualunque sia il numero dei suoi eletti. Perché neppure tanto strisciante resta impresso nei cuori e nei cervelli che in braccio a Grillo ci hanno mandato loro, che adesso se ne lamentano e gli trovano tutti i difetti del mondo (ne ha a iosa, certo). E che sperano tutti quanti che l’M5S naufraghi per poter sentenziare “l’avevamo detto”. Loro, del fatto che così a maggior ragione naufragherebbe il Paese difficilmente passivo di fronte a una “Grosse Koalition”, come sempre se ne fregano...

P.S. Ma se Grillo dovesse sbancarli, state pronti: ci sarà la fila degli Schettino per salire a bordo.

Oliviero Beha - 20 febbraio 2013 -
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