martedì 12 febbraio 2013

Non possumus (di Rita Pani)


Mi piace pensare che un giorno, dentro le mura vaticane, il vecchio Papa si sia svegliato dopo una notte sudata dagli incubi, e trovandosi dinnanzi alla sua tazza di latte e il panino con i wurstel, abbia guardato fuori dalla finestra, tremante, e si sia domandato: “Perché?”

Mi piace pensare che, finita la colazione e rientrato dentro le sue comode ciabattine rosse,
sia andato alla scrivania, e ritrovandosi solo, davanti a una montagna di carte da legge e firmare, ancora una volta abbia guardato fuori, e con un impeto cristiano, abbia lanciato il tavolo per aria, lasciando che quelle carte piene di melma, di sangue, di affari, di mafie ricadessero scomposte sul pavimento.

Mi piace pensarlo, perché mi piacciono ancora i cartoni animati, e mi piace fuggire spesso dentro alla fantasia capace di ripulire un po’ la realtà dal manto di tristezza che la avvolge.
Quella realtà diversa, che anche se un domani diventerà nota non sarà mai data per certa e resterà appesa là, ad esser poco più che un’illazione, come lo Ior, come Marcinkus, come le gesta poco edificanti del papa Santo subito, che a colpi di bonifici bancari devastò un intero continente, come quelle papali amicizie con dittatori e carnefici, che la storia travisata ci ha restituito come caritatevoli gesti tesi alla conversione del male in bene, e che invece altro non erano che solidi e sordidi accordi politici ed economici.

Mi piace pensare con un’aura quasi romantica al gesto di questo umile servitore nella vigna del Signore, che posa la zappa quando si accorge che la terra è ormai troppo bassa per la sua vecchia schiena, perché forse io son stufa della povertà della realtà.
Non è bastato far pagare il conto al maggiordomo, questa volta. E nemmeno servirà leggere bene le righe di quella lettera latina che almeno ha il merito d’aver interrotto per un giorno solo, la pioggia di idiozie para elettorali dalle nostre vite.

Mi piace pensare che in quella lettera, ci fosse scritto che in un momento d’incontro con la propria coscienza, il Papa abbia ricordato che per la chiesa, la vigna si può zappare meglio con la preghiera che con la zappa. Che è meglio continuare a suonare il pianoforte e leggere libri di teologia, che è faticoso muoversi stando ricoperti da ori e monili, e che nulla di Cristo si può ritrovare in una chiesa d’affari e banchieri.
Non lo sapremo mai, e alla fine troveremo consolazione in quella che appare l’unica possibile verità: non si è fatto ammazzare. Perché la storia insegnava che nulla era certo quanto il destino di un Papa, l’unico lavoratore che aveva come contratto: fine pena mai.

(Molto altro ci sarebbe da dire delle dichiarazioni più o meglio ufficiali che hanno seguito l’evento mediatico del secolo, ma mi rifiuto. Mi conservo.)

Rita Pani (APOLIDE)
R-ESISTENZA-INFINITA
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