giovedì 11 ottobre 2012

Il “vermicellum” ancora non c’è Pdl spaccato sulle preferenze


LEGGE ELETTORALE

Dopo il “Porcellum” e il “Porcellinum”, ecco a voi il “Vermicellum”. Roberto Calderoli non perde occasione di battezzare ancora una volta il testo della nuova legge elettorale che “striscia sotto terra” e che ieri al Senato tutti cercavano e nessuno trovava. Motivo?
Semplice: non c’era.

La discussione si è aperta in commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama senza un testo base condiviso. Anzi, ne sono spuntati due, uno del Pd e uno del Pdl, sostanzialmente identici tranne per una parte; uno puntava alle preferenze (Pdl) l’altro ai collegi uninominali (Pd). Insomma, il nodo su cui le distanze solo ancora siderali è questo qui, ma verrà 
Illustrazione di M.Nardi
sciolto proprio stamattina con un voto. Pieno di suspense. Sulle preferenze, infatti, una parte del Pdl (gli ex An, per intendersi) non transigono perchè piacciono anche all’Udc, deciso a riportare “la scelta dei rappresentanti in mano agli elettori”. Ma ieri sera, durante le ultime battute di una discussione di fuoco in commissione, una parte del Pdl si è sganciata dalla maggioranza cominciando una raccolta di firme (non ancora conclusa) per chiedere al segretario Alfano e allo stesso Berlusconi di gettare alle ortiche le preferenze che sono alla base del malcostume politico a cui stiamo assistendo” e di sposare i collegi. Non a caso, commentava ieri un senatore pidiellino di stretta osservanza, “Franco Fiorito era o no anche conosciuto come mister preferenze? Vogliamo continuare così?”.

La fronda nel Pdl, le resistenze nel Pd a raggiungere una mediazione ma, soprattutto, l’intransigenza dei colonnelli berlusconiani che vogliono avvicinare l’Udc, rendono comunque particolarmente complicata l’intera partita. Tanto che Calderoli, dall’alto della sua esperienza in fatto di porcate, ha sentenziato: “Alla Camera il Vermicellum troverà senz’altro un pesce che se lo mangia”. Come a dire: se pur uscirà dal Senato, la nuova legge elettorale verrà affossata alla Camera.

La proposta del partito di Silvio Berlusconi opta per 2/3 dei seggi assegnati con le preferenze e 1/3 con le liste bloccate, quella dei democratici prevede i collegi uninominali e un terzo con il listino. Entrambe verranno messe ai voti stamattina e quella che otterrà la maggioranza dei presenti sarà adottata come testo base per la discussione. Servirà il numero legale, ha chiarito il presidente, Carlo Vizzini; in commissione ci sono 26 senatori, quindi – se tutti sono presenti – la maggioranza necessaria sarà di 14 voti. In caso di pareggio, il testo non passerà perché al Senato equivale a una bocciatura. Voterà anche il presidente.

Il tutto mentre nel Pdl si consumerà un nuovo psicodramma. La fronda, composta tra gli atri da Enrico La Loggia, Peppino Calderisi, Giuliano Cazzola, Antonio Martino e Stefania Prestigiacomo, ieri è stata al centro di un vertice a Palazzo Grazioli tra Berlusconi, La Russa, Gasparri e Verdini. Che non hanno affatto gradito l’escalation complottarda ai danni di una possibile intesa e temono che stamattina molti di loro facciano convergere il proprio voto sul testo del Pd, azzerando del tutto la possibilità del ritorno delle preferenze. Un rischio molto concreto che neppure Berlusconi, ieri, è stato in grado di sminare.

A convincere la fronda, d’altra parte, non c’è riuscito neppure presidente del Senato, Renato Schifani . Che, annusata l’aria, alla fine ha tirato fuori tutto il suo pessimismo : “Non essendoci intesa, si naviga ancora a vista; dobbiamo aspettare un altro po’ prima di pensare ad andare in aula”. Ancora molto, evidentemente.

Sara Nicoli - 11 ottobre 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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