martedì 2 ottobre 2012

Cavolo, zucca e baccalà L’abbuffata delle sagre Più Pro Loco che comuni


IL BUSINESS DELLE FESTE DI PAESE TRA PRODOTTI TIPICI INVENTATI E SINDACI DISPOSTI A TUTTO. ECCO L’ITALIA CHE HA PIÙ PRO LOCO CHE COMUNI

"Noi non parliamo più di politica in questo Paese. Non ne parliamo più per tutta una serie di ragioni che io oggi non voglio approfondire. Però io credo che la politica possa e debba
essere questa: misurarsi con una sfida, come la sagra della Patata”. Bravooooooo. Il sindaco di Leonessa, meno di tremila abitanti, provincia di Rieti, è travolto dagli applausi. Dalle cucine alla cassa, dai tavoli alla strada, tutti a festeggiare chi ha permesso questi due giorni di festa. E mentre applaudono il sindaco alla sagra della Patata, una delle 309 manifestazioni ammesse al finanziamento della regione Lazio, intorno, nelle piazze d'Italia, c'è chi celebra la castagna, la zucca bertagnina, la salamina da sugo al cucchiaio, il cavolo liscio e la mela
Renata Polverini
annurca, il tartufo modenese e lo zafferano di Cascia, perfino le pettole e il baccalà fritto: 257 sagre solo nel mese di settembre, quasi 10 al giorno. Così, non stupisce che al centro degli ultimi scandali ci siano i soldi a palate alla sagra della nocciola di Cuneo e il rimborso del viaggio per andare alla sagra della Rana di Vercelli. O che Renata Polverini abbia preso l'elicottero per andare alla sagra del Peperoncino di Rieti. O ancora che Ciriaco De Mita si sia fatto beccare in autoblu da una vigilessa di Pratola Serra all'ingresso della sagra della Polpetta.

Ce n'è per tutti i gusti: in tre anni le feste sono triplicate. E soprattutto se ne sono inventate di sana pianta. Altro che tipicità, cultura, tradizioni. Servono a raccimolare soldi. E voti. Ufficialmente le organizzano quasi tutte le Pro Loco. Ormai simili a delle piccole industrie: hanno forni, fornelli, cuffie, abbattitori di temperatura. Gestiscono fondi europei tra 1,5 a 2 milioni di euro l'anno, a cui vanno aggiunti i soldi stanziati da ogni Regione. La Campania è la vera macchina da guerra: nel 2011 ha investito 4 milioni di euro. Mario Perrotti , presidente delle Pro Loco campane, però assicura che i controlli ci sono: “Il regolamento è molto rigido e la commissione molto attenta: si presentano preventivi, consuntivi, verbali dei revisori dei conti. Nessuno ci guadagna, le assicuro”. Compresa la politica: “Molte volte le sagre sono un danno per l'immagine del ras locale”. Sarà che le Pro Loco sono diventate centri di potere che non necessariamente sono in linea con la giunta con cui devono avere a che fare. In teoria la politica non dovrebbe c'entrare nulla. Ma tra sindaci e presidenti delle Pro Loco la competizione è sempre più serrata. “Per evitare che la presidente della Pro Loco non mi passava la parola mi sono impadronito del microfono”, scherza (neanche tanto) ancora il sindaco di Leonessa . Le feste sono strumenti di consenso che vanno oltre l'elettorato di appartenenza. E non è un caso che tra le due cariche spesso ci sia una porta girevole: prima si guida la Pro Loco, poi si finisce a fare il sindaco, poi si torna all'associazione.

Oggi sono più di 6000, praticamente una per ogni Comune: tolto l'Abruzzo, dove perfino le frazioni si sono messe per conto loro: 305 municipi, 345 Pro Loco. È che se da un lato ci sono associazioni impegnate per valorizzare i prodotti tipici e creare occasioni di socialità, dall'altro c'è chi si è seduto al banchetto senza essere invitato. Tant'è che l'UnpliUnione Nazionale Pro Loco d'Italia – ha scritto un manifesto per le sagre (tra i requisiti: storia decennale, igiene, nessuna finalità speculativa, durata massima di una settimana) e chiede che diventi un decreto ministeriale. Ce l'hanno con quello stuolo di sindaci che si improvvisano. Quelli che, pur di ingraziarsi compaesani, arrivano a fare la festa delle alici sul Gran Sasso, la sagra del Salento in provincia di Treviso e a piazzare vassoi di farfalle al salmone come se fossero un prodotto tipico. “I saluti dell'amministrazione” aprono e chiudono ogni portata servita. Funzionano come meccanismo di “consenso ambientale”. Spiega il professor Stefano Landi, presidente di Slea, società di consulenza per il turismo: “Non si tratta di un do ut des: è che il politico sa che non può fare altro che la sagra, perchè tutti la vogliono e altrimenti nessuno lo vota. È una dazione ambientale che per ora funziona, poi si vedrà”. Ma le sagre sono utilissime anche per ricambiare gli elettori particolarmente attivi: basta dire che la sagra si fa in un casolare di campagna, per esempio, per far arrivare al proprietario/elettore un compenso garantito. “Il termine sagra ormai ha perso di significato – sostiene Marco Pacella, presidente Unpli Marche – Da una parte servono alle associazioni per sopravvivere, dall'altra sono ad uso e consumo personale: politici grandi e piccoli ci hanno abituato a tutto”. E sono disposti a tutto: alla sagra della Castagna di Crotone assessori e consiglieri vengono invitati sul palco a ballare Lu rusciu de lu mare. Loro cercano di tirarsi indietro. La presentatrice lo inchioda: “Sindaco, per la tua popolazione lo devi fare”.

Paola Zanca - 02 ottobre 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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