giovedì 4 ottobre 2012

Anti, cioè pro (di Marco Travaglio)


Quando gli storici del futuro studieranno questi anni sulla base di documenti scritti e filmati, saranno colti da labirintite e altre patologie a causa dell’uso casuale, quando non dissennato, delle parole. Scopriranno, per esempio, che nel 2012 Casini si disse “inorridito” per l’alleanza Bersani-Vendola, dimenticando che nella Bari di
Vendola l’Udc governava con Pd e Sel senz’affatto inorridire. Replicò Bersani: “Zitto tu che eri alleato con Berlusconi”, dimenticando che proprio in quel mentre era lui stesso alleato di Casini e Berlusconi nella maggioranza Monti. In quei giorni si discuteva un emendamento “salva-Ruby”, che però non salvava affatto Ruby (non imputata), ma Berlusconi (imputato di concussione e prostituzione minorile). E il Pdl presentava un emendamento “anti-Fiorito”, che però era pro: Fiorito rischiava da 3 a 10 anni per peculato, mentre gli “anti-Fiorito” del Pdl avevano inventato per lui un altro reato, punito da 2 a 6 anni. Il tutto avveniva nell’ambito della
mirabolante legge “anti-corruzione” inventata nel 2009 dal governo di uno dei più noti imputati di corruzione al mondo, S.B., poi riciclata con qualche variante dalla ministra Severino e affidata alle mani sicure di un Parlamento popolato al 10% da inquisiti, imputati, condannati e prescritti per corruzione e reati propedeutici. Volonterosi giornali , scrittori impegnati e personaggi celebri firmavano petizioni per sollecitarne l’immediata approvazione, senza controllare cosa ci fosse dentro: se l’avessero fatto, avrebbero scoperto che anche quell’“anti” era una barzelletta, molto simile a un “pro”. Nell’Italia del 2012 la corruzione restava quasi sempre impunita a causa di tre fattori: prescrizione troppo breve rispetto ai tempi processuali troppo lunghi; penuria di mezzi a disposizione degli organi inquirenti; assenza di norme, peraltro previste da convenzioni internazionali firmate dall’Italia ma mai ratificate dal Parlamento (quello col 10% di inquisiti), per facilitare la scoperta delle tangenti e la punizione dei reati strumentali necessari a pagarle, incassarle e occultarle (autoriciclaggio, traffico d’influenze illecite, corruzione fra privati, falso in bilancio, frode fiscale). Purtroppo la cosiddetta “anti-corruzione” faceva poco o nulla per allungare la prescrizione; non faceva niente per accorciare i tempi processuali e per fornire più mezzi agli organi inquirenti; non ripristinava il falso in bilancio né le manette agli evasori; non introduceva l’autoriciclaggio; quanto al traffico d’influenze e alla corruzione privata, li puniva con pena massima di 3 anni. Cioè: niente carcere né prima né dopo la condanna, niente intercettazioni, niente interdizione dai pubblici uffici e prescrizione garantita a tutti dopo appena 7 anni e mezzo. Poi, siccome B. e Penati (braccio destro di Bersani) erano imputati di “concussione per induzione” (quella senza violenza, la più diffusa), essa veniva derubricata in reato minore: “Indebita induzione a dare o promettere utilità”, punito non più fino a 12 anni, ma fino a 8, così da farlo prescrivere molto prima (non più in 15 anni, ma in 10). Gli storici del futuro si chiederanno: ma perché una legge pro-concussione era chiamata “anti-corruzione”? Poi scopriranno che intanto i partiti discutevano animatamente di una norma per vietarsi di candidare i condannati oltre i 2 anni (tanto l’87% dei corrotti patteggia meno di 2 anni), e si domanderanno: “Ma, invece di perdere tempo su una norma apposita, non facevano prima a non candidare condannati e basta?”. E chiameranno la neurodeliri per farsi ricoverare.

Marco Travaglio - 04 ottobre 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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