sabato 25 agosto 2012

IL POPULISMO IMMAGINARIO (di Massimo Fini)


Populismo giudiziario”, termine coniato, a quanto pare, da Luciano Violante, è diventato immediatamente il nuovo mantra (vedi, puntuale, l’articolo di Angelo Panebianco sul “Corriere” del 2I/8) di quella vastissima e variegata “fairy band” di intellettuali, giornalisti e politici la cui
principale ragione in ditta è attaccare la magistratura per sottrarre gli esponenti della classe dirigente al rispetto di quelle leggi cui tutti noi, sprezzantemente definiti “gente comune”, siamo invece tenuti. Già il termine “populismo” è di definizione incerta e quanto mai vaga (“atteggiamento genericamente democratico e socialista, senza solide basi dottrinali” dice il Palazzi), ma il “populismo giudiziario” è un animale che, come “il tasso col sovrattasso” di una famosa, benché antica, vignetta di Giovanni Mosca, poteva nascere solo in Italia. Il “populismo giudiziario”, come il “garantismo” e il “giustizialismo”, altri neologismi inventati negli anni Novanta ad usi dei politici inquisiti, indica qualcosa che semplicemente non esiste.
Luciano Violante
Non c’è un’applicazione “garantista” o “giustizialista” o “populista” della legge. C’è l’applicazione della legge che è demandata ai magistrati nelle loro varie funzioni e gradi. Naturalmente il magistrato, come tutti, può sbagliare. Per questo il nostro ordinamento giudiziario prevede una serie di verifiche e di controlli successivi, il gip, il Tribunale di primo grado, l'Appello, la Cassazione, in casi eccezionali la revisione del processo e, quando c’è un provvedimento di restrizione della libertà personale, il Tribunale del riesame e ancora la Cassazione, inoltre a tutela dell’imputato esiste la possibilità di una serie di ricorsi, di controricorsi, eccezioni (che sono poi una delle cause principali, se non la principale, dell’abnorme durata dei processi che è la vera ‘emergenza giustizia’ in Italia) quale nessun altro ordinamento democratico conosce (si pensi alla sbrigatività del processo anglosassone). Nel caso invece in cui un magistrato non applichi la legge ma la distorca consapevolmente commette un reato gravissimo e, se se ne hanno gli estremi, va denunciato alla più vicina Procura della Repubblica competente per territorio. Ma questo non è mai avvenuto. Si preferisce parlare genericamente, e furbescamente, di “populismo giudiziario”. Violante, non contento di essersi inventato il “populismo giudiziario”, accusa “Il Fatto”, Grillo e Di Pietro di aver creato un blocco “che sta reindirizzando il risorgente populismo italiano”. Embè, se anche fosse, da quando in qua, in una democrazia, un movimento di opinione non è libero di esprimersi senza essere minacciato di garrota? In ogni caso “Fatto”, Cinque Stelle, Idv sono diversi per funzioni e contenuti, ma da una cosa sono accomunati: l’intransigente difesa del rispetto della legalità e, in particolare, del principio, basilare in una democrazia, dell'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. Perché la verità, al di là dei paralogismi paragiuridici di Violante e compari, è un’altra. E la conosciamo tutti benissimo. Da quando, nel I992, la Magistratura italiana, liberata dalla repressione del consociativismo partitocratico grazie alla comparsa, dopo vent’anni, di un movimento di opposizione, la Lega, è andata a frugare anche fra le mutande sporche di “lorsignori” è in atto un feroce tentativo di rimetterle la mordacchia, con leggi “ad personam” e “ad personas”, ispezioni, provvedimenti disciplinari, accuse indimostrate e indimostrabili, minacce, insulti e truffe linguistiche: “garantismo”, “giustizialismo”, “indebita supplenza”, “uscire da Tangentopoli” - con un’amnistia naturalmente – “soluzione politica”, “pacificazione nazionale”. Ora è la volta del “populismo giudiziario”.

Massimo Fini - 25 agosto 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
.

0 commenti:

Posta un commento