mercoledì 13 giugno 2012

Monti - ULTIMATUM AI PARTITI

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Monti convoca i tre leader dopo l’attaco dei mercati: “Basta parlare di elezioni, pieno mandato o me ne vado”

La situazione è pericolosissima”, ripetono nei corridoi del Tesoro, la responsabile del debito pubblico Maria Cannata è sempre più preoccupata. “È peggio che a novembre scorso,
quando cadde Berlusconi”, raccontano dal ministero. È in questo contesto che il presidente del Consiglio Mario Monti ieri sera ha convocato, senza preavviso, i tre leader di maggioranza, Pier luigi Bersani (Pd), Pier Ferdinando Casini (Udc) e Angelino Alfano (Pdl). I vertici ABC sembrano consegnati alla storia della politica, con i partiti sempre più distaccati dal governo.

Proprio per questo il premier ha chiamato i segretari e ha detto loro di finirla con le polemiche, al governo serve “un mandato pieno”, o l'Europa non ci prenderà sul serio: “Non fate scherzi, la situazione è critica, serve compattezza. Bisogna approvare subito la riforma del lavoro e la spending review”. Poi il messaggio decisivo: “Basta evocare elezioni anticipate o me ne vado, qui è in gioco il futuro di tutti”. A, B e C pare siano scesi subito a miti consigli, vedremo se da oggi il clima sarà diverso, quando Monti andrà alla Camera per l’informativa sulle conseguenze per l’Italia del salvataggio della Spagna.

Il cambio di parole d’ordine nel dibattito europeo non è mai un buon segno: ora si parla di nuovo di “salvataggi” e “sopravvivenza”, altro che la “crescita”. La giornata di finanziaria di ieri si riassume così: la Spagna non è affatto salva e se l’Europa non riesce a sostenere Madrid, figurarsi cosa può fare per Roma. Il diavolo dello spread è nei dettagli. Le banche spagnole non hanno ricevuto un euro, per ora c’è solo un accordo politico, vago. Nessuno sa se i soldi arriveranno dall’Efsf (fondo Salva Stati in via di esaurimento che si basa su garanzie e non su capitale disponibile) o dal nascituro Esm, Meccanismo europeo di stabilità, che dovrebbe nascere a luglio con una dotazione propria. In un quadro così incerto, meglio vendere tutto: il debito pubblico spagnolo, con i bonos decennali al tasso del 6,7 per cento, hanno superato il picco di novembre scorso. Il debito spagnolo non è mai stato così costoso da quando c’è l’euro. Molti investitori pensano che 100 miliardi non basteranno, che la Spagna è soltanto all’inizio del percorso intrapreso dalla Grecia due anni fa. Oggi si salvano le banche e se lo spread continua così si dovrà salvare lo Stato.

Il direttore generale del Tesoro Vincenzo La Via è sempre più preoccupato: “La Merkel non cede di una virgola”, ha detto ai suoi collaboratori. Niente eurobond, niente mutualizzazione del debito, niente, insomma, che possa abbattere in modo drastico il costo del debito dei Paesi a rischio. Anzi, da un Paese spesso sulla stessa linea di Berlino, l’Austria, è arrivata l’incredibile gaffe del ministro delle Finanze Maria Fekter: “Dati gli elevati rendimenti che l’Italia deve già pagare per rifinanziarsi sui mercati potrebbe richiedere aiuti sui pagamenti”. Poi ha smentito, ma il danno era fatto. Monti si è innervosito non poco (“dichiarazioni del tutto inappropriate”), e ha dichiarato anche a una radio tedesca che “L’Italia anche in futuro non avrà bisogno di aiuti dal fondo europeo salva-stati”. Così ha risposto anche alle cattiverie dello Spiegel che notava come in Italia “l’unica cosa che cresce magnificamente è la montagna di debiti, che quest'anno sfonderà la soglia di duemila miliardi di euro”. Per la verità cresce anche lo spread (ieri ha toccato il picco di 490 e poi è sceso a 475) e le perdite della Borsa di Milano, ieri in rosso di quasi un punto percentuale ma con le banche che stanno sprofondando: Monte Paschi a -5,9, Unicredit -3,9, Intesa -3,7. Nei mesi scorsi i grandi gruppi hanno usato la liquidità fornita dalla Bce per comprare titoli di Stato e ora simul cadent. Tutte le attese sono per il Consiglio europeo del 28 giugno, o per il G20 in Messico della settimana prima. Ma è ormai chiaro che nel migliore dei casi ci sarà soltanto l’avvio del processo che porterà all’unione bancaria. Nessuno sa se basterà.

Intervistata dalla Cnn, il direttore del Fondo monetario Christine Lagarde tentenna, si trattiene, ma poi con un sorriso tirato ammette di concordare con l’ex speculatore ora filantropo George Soros: “L’Europa ha tre mesi”. Poi specifica: “I mercati hanno l’impressione che si si stira muovendo troppo lentamente”. I mercati hanno già meditato la scadenza di tre mesi vaticinata da Soros al Festival dell’Economia di Trento, dieci giorni fa: dopo l’estate il contagio della recessione toccherà la Germania, le cui banche restano molto fragili, a quel punto per la Merkel sarà sempre più difficile trovare il consenso necessario per misure coraggiose a livello europeo. A vedere la giornata, per la verità, gli investitori hanno l’impressione che all’euro restino tre giorni, più che tre mesi. I tre giorni che mancano all’elezioni bis in Grecia, che possono diventare l’ultimo detonatore dell’euro. Qualcuno potrebbe pensare che, dopo aver messo in relativa sicurezza la Spagna, prima dell’esito del voto bisogna blindare l’Italia. Ma soltanto il Fondo monetario avrebbe i soldi per farlo, non certo i fondi europei.

Stefano Feltri e Carlo Tecce - 13 giugno 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
Twitter @stefanofeltri
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