Pubblichiamo uno stralcio dell’introduzione di “C'eravamo tanto illusi. Fenomenologia di Mario Monti”, di Pierfranco Pellizzetti (Aliberti editore), da alcuni giorni in libreria.
Una brutta manovra”, “rigore sbagliato”, “dal governo dei professori ci saremmo aspettati qualcosa di più”. Negli ultimi giorni del dicembre 2011 erano di questo tenore i commenti che rimbalzavano sulla stampa nazionale dopo la presentazione del decreto Salva Italia varato dal Consiglio dei ministri presieduto dall’arciprofessore Mario Monti. Di grazia, ma perché tanto stupore? Perché attendersi qualcosa di sostanzialmente diverso? Sarebbe come sbalordirsi se la Chiesa di Ratzinger parlasse il linguaggio dell’oscurantismo, privo di un briciolo di cristiana pietà nei confronti degli umani sofferenti.
Oggi c'è poco da aggiungere alle valutazioni amareggiate dei delusi, se non un tentativo di riflettere sul senso generale di quanto è accaduto inserendolo in una cornice di significato più ampia, per rivelarne le logiche intrinseche. Forse la chiave per capire tale cornice sta tutta in un differenziale: l’imposizione fiscale sulle rendite finanziarie è ferma al 20 per cento, mentre quella sul lavoro raggiunge ormai quota 36. Con l’ulteriore conferma della piccola chiosa a margine sui patrimoni “scudati” (ossia quelli illegalmente esportati in precedenza e poi fatti rientrare in Italia gravati da un ridicolo 5 per cento, grazie allo “scudo fiscale”), a cui il governo “del rigore inflessibile” impone la risibile sovrattassa dell’1,5. Come la Chiesa di Ratzinger fa il suo mestiere, i distinti professori alla guida del Paese fanno il loro. E il loro mestiere si direbbe consistere se non in quello degli “ascari”, gli ausiliari indigeni dell’Africa orientale italiana, almeno in quello degli agenti subalterni; intendenza, in un conflitto planetario che si sta combattendo sottotraccia a partire dal 1973. Certo, l’anno della guerra arabo-israeliana nota come “del Kippur”, ma anche delle prove generali in Cile per l’instaurazione di un nuovo ordine mondiale (con assassinio del presidente Salvador Allende durante il golpe perpetrato dal generale fellone Augusto Pinochet ). Il conflitto degli abbienti contro il popolo. Del resto un segreto di pulcinella, visto che proprio Warren Buffett (il secondo o il terzo uomo più ricco del mondo) ha avuto recentemente l’impudenza di uscirsene con la seguente dichiarazione: “C’è una lotta di classe, è vero, ma è la mia classe, la classe dei ricchi che sta facendo questa guerra, e la stiamo vincendo”. Una vittoria ottenuta in larga misura colonizzando gli immaginari collettivi (“pensiero pensabile” lo definisce il linguista di Boston Noam Chomsky, autorevole quanto marginale portavoce del radicalismo Usa). Infatti è proprio dalla metà degli anni Settanta del secolo scorso che assistiamo alla conquista di tutte le casematte del succitato pensiero pensabile.
A partire dalle facoltà economiche, dove un tempo si coltivava il mainstream keynesiano tradotto nell’appoggio al Welfare State e al modello del “capitalismo amministrato”, poi passate armi e bagagli nel campo di quello “selvaggio” (il pur falco del Pentagono Edward Luttwak ne parla in termini negativi definendolo “Turbocapitalismo”). Il cosiddetto Washington Consensus neoliberista, che ha rapidamente egemonizzato il pensiero economico ufficiale piazzando i propri proconsoli nelle strutture al vertice delle principali istituzioni universitarie del mondo autoelettosi “avanzato” (oltre che nelle strutture di governance globale; dalla Banca Mondiale al Wto, al Fondo monetario internazionale). Difatti i nostri distinti professori al governo, in questa landa marginale dell’Impero finanziario globale chiamata Italia, sono solo i referenti locali di un potentissimo aggregato di forze transnazionali al lavoro per ristrutturare a proprio uso e consumo l’intero pianeta. Dunque, fanno il loro (modesto) mestiere di fiduciari a tutela dei confini (il nuovo limes). E sono stati chiamati a un impegno diretto anche perché il precedente fiduciario – di nome Silvio Berlusconi – aveva fornito tali e tante dimostrazioni di inettitudine da imporne l’accantonamento. D’altro canto, nulla vi è nell’attuale manovra che non sia in linea con quanto il governo Berlusconi intendesse realizzare. L’unico elemento di novità sono solo le maggiori garanzie di affidabilità e di immagine professionale che la accompagnano. Credibilità. Stop. Lo dice esplicitamente un più che autorevole “osservatore disinteressato” quale il filosofo del diritto Mauro Barberis, commentando il documento di 34 pagine, pubblicato a fine febbraio nel sito governo.it che celebrava i risultati conseguiti nei primi cento giorni di governo: “Monti non ha ancora risolto un solo problema, ma è bastata la sua credibilità per cambiare completamente il clima”.
Pierfranco Pellizzetti - 12 maggio 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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sabato 12 maggio 2012
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