Scissione? Nuovo segretario? Di sicuro B. deciderà di cambiar nome
Alle cinque della sera, sul solito Twitter, è il gigante piemontese del Pdl, Guido Crosetto, che ha votato no all’ultima fiducia messa dal governo Monti, a infierire sulla sconfitta del suo
partito: “Massacrato il centrodestra, abortito il Terzo polo, azzoppato il Pd, esploso Grillo. Se Monti fosse politico salirebbe al Quirinale. O no?”. Aggiunge Daniela Santanché: “Noi abbiamo chiuso la nostra casa per ristrutturazione e gli elettori di destra ci hanno fatto capire che il grand hotel Monti non lo vogliono”.
Monti via, dunque, come ormai reclamano tutti nel Pdl, falchi e moderati. Oppure Alfano, sempre via. I ballottaggi rischiano infatti di essere la tomba politica del giovane segretario designato da B. nella primavera di un anno fa. È toccato a lui mettere la faccia sulla catastrofe di queste elezioni amministrative. Da Lucca a Como e Monza, dalla Toscana alla Brianza. Il Pdl scompare dall’Emilia Romagna.
Male anche nella Campania degli inquisiti Cosentino e Cesaro. A tenere però è la Puglia, con Trani in testa. Scrive Giancarlo Lehner, falco berlusconiano: “Pdl al bivio, Angelino Alfano ha davanti a sé due strade: o si dimette o si dimette”.
La disfatta elettorale del Pdl è come se liberasse tutti gli istinti repressi di nomenklatura e peones. In tv, nelle prime ore del post voto, vanno Mariastella Gelmini, Maurizio Lupi e Ignazio La Russa. La linea è quella di prendersela con l’astensionismo e soprattutto di mettere il cappello sulla vittoria dei grillini. “Molti dei nostri hanno votato il Movimento 5 Stelle”, è il refrain consolatorio. E conferma l’innamoramento del Capo per la novità di queste elezioni. Grillo rivoluzionario come il Berlusconi del ’94. È una fedelissima di Palazzo Grazioli, Michaela Biancofiore, a invocare una nuova discesa in campo: “C’è una sola persona che può riaggregare ed essere credibile per gli elettori del centrodestra innanzi ad un Paese che si sgretola e si chiama ancora Silvio Berlusconi”. In ogni fine c’è sempre la tentazione nostalgica del principio. Anche Giancarlo Galan, ex governatore del Veneto, rimpiange la rivoluzione che fu ma spera: “Abbiamo perso, serve una nuova rivoluzione”. E cita Casini, Maroni, Passera e Montezemolo come novelli Marx, Engels, Lenin e Mao dei moderati dispersi e orfani. In via dell’Umiltà a Roma, sede nazionale del Pdl, Alfano si rinchiude per ore nel suo ufficio. Perde anche nella sua Agrigento. Guarda La Russa al Tg3 che non riesce a frenare un crudele Giuliano Ferrara che spiega: “La destra è messa malissima, ha preso scoppole bestiali”. Compulsa i dati elettorali a mano a mano che arrivano e realizza che si trova al centro di un assedio. Anche interno. Il sindaco di Roma Gianni Alemanno chiede congresso e cambio del nome. Osvaldo Napoli tira fuori un’antica immagine un po’ sinistra. Quella di una nuova traversata nel deserto. L’ultima per B. e i berlusconiani durò cinque anni: dal 1996 al 2001. Ma stavolta il tempo forse non basterà.
L’agonia della Seconda Repubblica si sovrappone all’esaurimento della spinta propulsiva del Cavaliere. E le soluzioni che girano ricalcano uno schema reso già vecchio dalla realtà: una confederazione dei moderati al posto dell’asse del nord con la Lega, cucita addosso al nuovo sistema elettorale se mai si farà. Dopo tedesco e francese adesso si parla di modello spagnolo. Tormentoni surreali della Casta che sotto sotto non vuole rinunciare al Porcellum.
Alle sette e mezzo della sera, Alfano si decide a uscire. Parla come un marziano: “Il centrodestra è ancora maggioritario nel Paese”. Insiste sulla novità “epocale” annunciata da settimane e in programma per il 24 o il 29 maggio: “Il messaggio dei nostri elettori è fortissimo: chiedono una nuova offerta politica. Siamo determinati a offrirla a loro e al Paese”. Alla fine, però, sarà sempre Berlusconi a decidere. Ieri si è tenuto in contatto con Roma e poi ha affrontato l’analisi del voto in una cena ad Arcore. Chi era con lui prevede “stravolgimenti radicali”. Il cambio del nome è certo, resta da capire se Alfano sarà blindato da una nuova segreteria.
Le linee restano due. Da una parte il rassemblement neodemocristiano. Ma l’ex ministro Beppe Pisanu, pontiere tra il Pdl e il Terzo Polo, gli avrebbe già comunicato il no di Casini. Anche Montezemolo sarebbe molto perplesso. Dall’altra la tentazione del grillismo di destra, con la Santanché pronta a cavalcarlo. Il nodo cruciale è Monti. I primi, i famigerati moderati, sono per il sostegno. I secondi, i falchi, per la caduta. Tenerli insieme per Alfano è quasi impossibile.
Fabrizio d’Esposito - 22 maggio 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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