martedì 24 aprile 2012

Resistenza, chi era costei? (di Angelo d’Orsi)

Tre giorni fa in un liceo scientifico romano, l’Avogadro, un partigiano, Mario Bottazzi, medaglia d’oro, è stato “contestato” da un gruppo di neofascisti. I quali, intorno al 25 aprile, si ridestano dal letargo e si impegnano in attività come imbrattare lapidi e tombe,
lanciare messaggi nostalgici sulla Rete, esibire cimeli e gesti (a cominciare dal braccio teso), insultare i partigiani, appunto. Non è chiaro dai resoconti giornalistici quali siano state le reazioni degli altri studenti. E sono proprio loro che dovrebbero interessarci, più delle minoranze di coloro che, inserendosi nel filone del revisionismo estremo, “rovescistico”, cianciano di “storia dei vincitori”, e versano finte lacrime sul “sangue dei vinti”. Ciò è del resto possibile solo in quanto la conoscenza dei fatti è assai scarsa nella fascia di età fra i 15 e i 20 anni; a dire il vero non è molto più alta fra i venti-trentenni.
Ma è ben più grave l’ignoranza della nostra storia recente al livello della scuola superiore, che dovrebbe completare il percorso formativo dei nostri studenti prima che si introducano nel mondo universitario, dove si danno per acquisite certe conoscenze, e dove comunque la formazione assume un carattere di indirizzo ad ambiti spesso lontani dalla storia, e se guardiamo alla “riforma Gelmini” i risultati saranno devastanti, in quanto l’insegnamento universitario perderà del tutto il suo carattere formativo (innanzitutto alla cittadinanza), per imboccare la strada angusta della mera “professionalizzazione” sulla base delle “esigenze del mercato”. Dunque, “tocca alla scuola”, come si sente spesso dire, dare una base conoscitiva sia pur minima, ma corretta, ai futuri cittadini. E invece… Una ricerca Cirm del 2001, tra 1254 studenti delle scuole milanesi, rivelava che oltre tre quarti (76,5%) degli intervistati confessava la sua ignoranza sulla fine del fascismo, e sul ruolo della Resistenza, e nel contempo faceva trasparire il bisogno di saperne di più. Ma confessava apertamente anche il fastidio per le celebrazioni, in particolare, vorrei aggiungere, quelle “obbligatorie” di aprile. Dunque bisogna cercare altra strada per interessare i giovani alla storia, in particolare a quella dello scontro tra fascismo e antifascismo, che dura ormai da quasi un secolo (in fondo il fascismo si può dire nasca nel 1914, con il voltafaccia di Benito Mussolini che, abbracciando la causa dell’Intervento nella guerra mondiale, rompe col Partito socialista).

Che cosa non va nelle celebrazioni? Il loro carattere ufficiale, espressa da politici in cerca di visibilità e privi a loro volta, spessissimo, di adeguate conoscenze. La retorica ridondante e ripetitiva. L’affidare ai “testimoni” il ruolo che dovrebbe competere agli studiosi: e la confusione tra memoria e storia, regolarmente riproposta dai ministri, dirigenti scolastici, reduci dai campi di sterminio, staffette partigiane, giornalisti e amministratori locali, continua a fare danni. La memoria è soggettiva e labile, comprende l’oblio e l’errore, la dimenticanza e la rimozione, e non può essere né generalizzata, né trasformata in verità assoluta; solo alla storia spetta quel compito, e il ricordo dei testimoni, può essere una fonte importante, non unica e da vagliare opportunamente, e mettere a confronto con altre fonti, in particolare quelle scritte, per fare storia, appunto. Del resto, dobbiamo arrenderci all’inesorabile avanzare del tempo: quanti testimoni avremo ancora in vita fra dieci anni? E quando non ne sarà rimasto alcuno, che faremo?

Rinunceremo a trasmettere la conoscenza di un passato cronologicamente vicino, ma culturalmente lontanissimo da noi – e specialmente da un sedicenne di oggi, i cui genitori generalmente non hanno mai fatto menzione di parole come resistenza e fascismo, o di date come 8 settembre e 25 aprile? Forse sarebbe opportuno, innanzitutto, che l’Anpi, oggi rivitalizzata grazie al consistente, imprevisto afflusso di giovani, mettesse in campo ricerche serie (su campioni ben più cospicui di quello del Cirm) a livello nazionale, per appurare lo stato delle conoscenze sul biennio ’43-45, sul fascismo, e la nascita della Repubblica. In fondo, se non ci pensa l’Associazione dei Partigiani, chi dovrebbe farlo?

La ricerca sopra citata, peraltro davvero di scala modesta, non ha avuto seguito: e sono trascorsi 11 anni! Paradossale: e se smettessimo di celebrare, e incominciassimo a capire innanzitutto che cosa sanno i “nostri ragazzi”? e poi, senza inventare nulla di clamoroso, facessimo loro scoprire i fatti, rendendoli magari protagonisti? Facciamo conoscere loro le biografie dei personaggi – eroi e canaglie, resistenti e zona grigia – del nostro recente passato: una storia appresa e narrata da loro, a partire dai documenti. Una storia creativa, nelle forme, ma fedele alla verità, nella sostanza. Ma prima, per favore, diteci che cosa sanno i giovani del 25 aprile, del fascismo e dell’antifascismo! E davanti alla loro ignoranza, corriamo ai ripari prima che sia troppo tardi.

Angelo d’Orsi - 24 aprile 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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