venerdì 7 settembre 2012

FINE CURA MAI (di Chiara Paolin)


Il decreto Balduzzi pretende di bonificare Asl e ospedali dalla politica, ma si ferma sul più bello

La promessa è stentorea: “D’ora in poi più trasparenza e requisiti ben chiari per le nomine di primari e dirigenti nella sanità pubblica”. Così il ministro Renato Balduzzi battezza il suo decreto salute dopo la lunga notte del travaglio in consiglio dei ministri. E lo fa con malcelato
orgoglio. Perché il provvedimento, sforbiciato delle gemme più fantasiose, è appena nato ma già pretende di camminare su due rivoluzioni in potenza: ambulatori aperti h24 e criteri di nomina puliti per Asl e ospedali.

Non a caso il tecnico Renato Balduzzi, accarezzando le nuove norme, si concentra sul tema delle poltrone: la prima voce di spesa nei bilanci pubblici, i 112 miliardi di euro che ingoia ogni anno il sistema sanitario, sono sempre stati un boccone ghiottissimo per la politica italiana. Ora, dice il decreto, è finita la pacchia: gli aspiranti direttori di Asl dovranno avere una laurea magistrale, cinque anni di esperienza nel settore (sette in altri), e massimo 65 anni al momento della nomina. I candidati devono iscriversi a un albo regionale e sperare di
essere presi in considerazione da una commissione di esperti “indicati da qualificate istituzioni indipendenti”, recitano i documenti ministeriali. Anche per diventare primari si attiverà una complessa procedura tra liste di abilitazione, punteggi assegnati dopo ogni incarico espletato all’interno di un dipartimento ed esaminatori estratti a sorte su liste nazionali. “Diciamo che è un primo passo per tentare di togliere le mani della politica dagli ospedali, ma la strada è molto lunga - sospira Costantino Troise, segretario del sindacato dei medici dirigenti -. Per esempio, la commissione di primari estratti a sorte per valutare i colleghi candidati alla direzione di un certo comparto darà il suo parere indicando una rosa di nomi. Ma poi, tra quei nomi, il direttore della Asl potrà scegliere chi vuole col solo obbligo di giustificarsi se non premia il più quotato”.

Aggiunge il senatore Pd, Ignazio Marino: “Di fatto la scelta finale resta in mano ai dirigenti sanitari, che fin qui hanno sempre avuto un preciso referente politico, e quindi un certo sistema da mandare avanti tra primariati e appalti. Balduzzi, pur indicando la via giusta, è stato timido. Le liste da cui verranno scelti i medici sono regionali: meglio sarebbe stato farle nazionali, evitando il più possibile incroci pericolosi. Apprezzo però che il ministro abbia accolto la mia proposta di rendere noti via internet i curricula e tutti i dati relativi alle selezioni: in caso di promozioni discutibili, il web garantirà almeno un po’ di trasparenza”.

Chissà se la piazza on line basterà a calmare i famelici appetiti della spartizione. Le cronache locali snocciolano con serena quotidianità le lotte partitiche per accedere alle cariche sanitarie. Sul Corriere del Mezzogiorno, famiglia Corsera, nelle ultime settimane si segue la cavalcata di Elvira Lenzi, radiologa, neoresponsabile dell’azienda ospedaliera San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona di Salerno. “Dopo tre mesi di impasse per la guerra intestina Pdl-Udc, Caldoro ha scelto” racconta il giornale aggiungendo che la dottoressa, ex consigliere comunale di Avellino per la Margherita, ha battuto la concorrenza essendo “né troppo vicina né troppo distante da Ciriaco De Mita, e persona di fiducia del governatore”.

In particolare, la Lenzi e Caldoro si stanno battendo per trasformare la struttura in polo universitario: più ricerca e più prestigio. E molta più autonomia, visto che per gli ospedali clinici il decreto Balduzzi lascia tutto intero ai rettori il potere di nomina dei primari. “Pensare che quello è l’unica zona dove si nascondono ancora i primariati fantasma - dice Maurizio Cozza, Cgil -. Chi fa vita di cattedra spesso dimentica di passare in corsia o in sala operatoria, ma tiene bloccata la poltrona. E prende lo stipendio”.

Insomma per i primari universitari paga il sistema pubblico, ma la nomina resta una faccenda tra papaveri accademici. Basta risalire la penisola fino a Varese, varcare i cancelli dell’Università dell’Insubria e leggere le ultime notizie: il professor Renzo Dionigi, già noto per aver concesso la laurea honoris causa in medicina a Umberto Bossi, ha appena lasciato la cattedra di chirurgia all’Ospedale Circolo. E chi ha proposto per la successione? Gianlorenzo Dionigi, giovane figlio, già associato dell’ateneo.

Famiglia o politica poco cambia, la sintesi unitaria del costo vivo è quello raccontato dalla Corte dei Conti nella relazione 2012: la spesa sanitaria vale 112 miliardi di euro, il 7,1 per cento del Pil. E nonostante i tagli massicci fatti negli ultimi anni, il risparmio ottenuto fin qui è fragile, forse perchè “frequenti episodi di corruzione a danno della collettività continuano a essere segnalati nel settore", come ha spiegato la Corte.

Potrà il baby decreto Balduzzi invertire la rotta e sanare lo storico buco?
Al momento la situazione è tetra . Le regioni commissariate faticano a tenere il passo del rientro. Soprattutto, le Regioni dovranno dire se intendono prendere il consegna il pargolo: le prime reazioni ieri sono state molto negative, da Roberto Formigoni (“non ci siamo”) a Enrico Rossi (“nessuna urgenza in materia, ce ne occuperemo noi, specie se avremo dal governo i fondi necessari”). Il bambino rischia di affogare nell’acqua sporca.

Chiara Paolin - 07 settembre 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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