martedì 11 settembre 2012

Festa Pd, i seimila di Bersani


LA PARABOLA DEI PARTECIPANTI AI COMIZI CONCLUSIVI: CHE FINE HANNO FATTO I MILITANTI?

L’unico con cui non può fare il confronto è Dario Franceschini. Lui, il comizio di chiusura della Festa democratica/dell'Unità, non l’ha nemmeno fatto: il partito – un po’ in imbarazzo con quel segretario piovuto dal cielo dopo le dimissioni di Walter Veltroni – preferì cavarsela con
una conferenza stampa (salvo spiegare che quella del comizio era una tradizione ingiallita, che già Veltroni aveva sostituito con una intervista pubblica). Per il resto, Pier Luigi Bersani non ha motivo di star troppo sereno. È vero che i soldi a disposizione per organizzare pullman e treni speciali non sono più quelli di una volta, ma il comizio di domenica a Reggio Emilia, oltre a essere “uno dei meno pre-organizzati della storia delle Feste del partito” è stato anche terribilmente vuoto. L’unico numero disponibile lo fornisce Repubblica, attribuendolo a Lino Paganelli, organizzatore delle feste da una vita. “Seimila”, calcola a occhio Paganelli, mentre guarda Campovolo che “brulica di gente”.

E quale verbo si sarebbe dovuto usare quel 18 settembre dell'83 quando, sempre a Reggio Emilia, ad ascoltare Enrico Berlinguer arrivò un milione di persone? Quella domenica, là fuori, c'erano parcheggiati duemila pullman. La festa, in un paio di settimane, incassò la cifra di 9 miliardi di lire. Quattro anni dopo, settembre del 1987, erano in più di 500 mila a sentire il segretario Alessandro Natta. Anche quella festa andò benone: se la ricordano ancora per i funghi, cento quintali consumati in quindici giorni. Poi vennero i 200 mila accorsi per Achille Occhetto a Modena nel 1990, i 150 mila arrivati a Bologna per il comizio di Massimo D'Alema.

Era il 1998 ma le cronache di quel giorno sembrano lontane anni luce: “Anche fuori della festa, nei parcheggi esterni al Parco Nord, si sono raggruppate persone in attesa del discorso del segretario. Due famiglie, venute dal Sud – scrive l'Ansa – hanno organizzato una merenda sull'erba, accompagnata dal suono di una fisarmonica”. I numeri a sei cifre, da allora, non si sono più visti. Già l'anno dopo (a capo del partito era arrivato Walter Veltroni) la “valutazione dell'ufficio stampa nazionale dei Ds” parla di 50mila persone. Nel 2005, per la prima festa al di fuori del “triangolo del tortellino”, Piero Fassino porta a Milano 30mila persone: basta contare le “bandiere dei Ds e dell’Unione che i diecimila presenti nel Mazdapalace” e “ventimila persone all'esterno avevano con loro”. Ora nel triangolo del tortellino sono tornati. Ma neanche Reggio Emilia è più quella di una volta.

Paola Zanca - 11 settembre 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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