giovedì 27 settembre 2012

Berlusconi disperato richiama anche Tremonti (di Sara Nicoli)


L’EX MINISTRO DELL’ECONOMIA RINGRAZIA, MA NON TORNA SUI SUOI PASSI. E AL PDL MANCA UNA FACCIA CREDIBILE PER LE ELEZIONI

Il momento più forte è stato quando Silvio Berlusconi, davanti ad Angelino Alfano, La Russa, Gasparri, Verdini e Cicchitto, ha alzato il telefono e ha detto: “Giulio, siamo tutti qui! Se torni
ti accogliamo a braccia aperte!”. Dall’altro lato del filo c’era Giulio Tremonti. Che sulle prime ha infilato come risposta una battuta delle sue: “Dipende da quante braccia avete...”. Poi ci ha ripensato ed è tornato il Tremonti di sempre: “Ma come ti viene in mente anche solo di chiedermelo?”.

Il Cavaliere, a quel punto le ha provate tutte, davanti agli sguardi sempre più sgomenti dei suoi che proprio non sapevano dove guardare. Quindi, la risposta scontata: “No, anche Giulio ha detto di no...”. “E meno male”, ha commentato sarcastico Denis Verdini. Perché, va bene
che il Pdl è allo sbando e che Berlusconi sta cercando disperatamente una faccia “credibile e sana” da poter spendere come bandiera per le prossime elezioni (aveva pensato alla Polverini, finché le foto con i “maiali” l’hanno inesorabilmente bruciata), ma arrivare fino a richiamare alle armi Tremonti nessuno proprio se lo aspettava. Tanto che uno come il solido Guido Crosetto è andato su tutte le furie: “Richiamare Tremonti? Berlusconi deve essere preda della sindrome di Stoccolma. Ma come si fa anche solo a pensare di richiamare uno che pagava, in contanti, una parte dell’affitto di casa, da ministro dell’Economia e delle Finanze in carica, una cosa grave quasi quanto usare soldi della Regione per ostriche e champagne; nel momento in cui Alfano ha mandato via Batman non capisco perché avremmo dovuto subito imbarcare, se pur in coalizione, Superman...”.

Un vertice difficile, dunque, quello di ieri all’ora di pranzo a Palazzo Grazioli. Il “Laziogate” ha affastellato ulteriori macerie e al momento tiene solo banco l’idea di Alfano di azzerare tutto il partito per dare vita a quello che ha voluto chiamare, con sprezzo del ridicolo, “il rinascimento azzurro”. Che, però, non si sa bene cosa sia. E pare non convincere neppure gli altri coordinatori che ora puntano a tenere la barra dritta sulla legge elettorale: “Vogliamo le preferenze e il premio di maggioranza alla coalizione”, ha detto Maurizio Gasparri, ma anche lì è chiaro che il Porcellum verrà difeso con le unghie e con i denti. Perchè se è vero, come d’altra parte sostiene pure il sindaco di Roma, Alemanno, che si andrà a votare il 7 e l’8 aprile non solo per le politiche e per le regionali (forse anche la Lombardia) ma anche per il Comune di Roma, allora il Porcellum eliminerà un sacco di guai almeno sul fronte di Camera e Senato. Per il resto si vedrà. Quel che però non si capisce – e neppure i suoi riescono a decriptare con chiarezza – è che cosa voglia davvero Berlusconi. Sembra che stia coltivando l’idea di un grande gesto di rottura, ma il tentennamento continuo tra un’endorsement a Mario Monti e lo studio accurato della figura mediatica di Beppe Grillo, stanno spazientendo anche i più affezionati. Però, nella notte tra lunedì e martedì, riuniti alcuni fedelissimi ad Arcore, il Cavaliere ha dato l’impressione di voler spacchettare sul serio il Pdl in più di un soggetto da federare sotto una comune insegna: un partito della destra per gli ex di An, uno dei democristiani, uno dei socialisti, uno dei liberali, ma negli occhi di deputati e senatori si intravvede lo spettro del disastro definitivo incombente, di cui l’election day romano potrebbe diventare la catarsi assoluta.

Sara Nicoli - 27 settembre 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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