giovedì 10 maggio 2012

Grillo - Antipolitica o antitivù?

Bocchino, Gelmini, Salvini, Casini, Serracchiani, Gasparri, Crosetto, Stracquadanio… i volti dei politici continuano a muoversi e a sorridere nei salotti televisivi a ogni ora del giorno e della notte come se nulla fosse. Stesse facce e stesse sceneggiate dopo la caduta del governo Berlusconi. Stesse facce e
stessa ammuina dopo il boom elettorale che Napolitano è l’unico a non aver sentito. Prima si litigava e si inveiva, ora si preferisce conversare, visto che si è quasi tutti sullo stesso carro.

Ma perché sono lì? Elementare: perché non hanno alcuna intenzione di cedere il seggio televisivo che si sono conquistati in ore di alterchi con gli stessi avversari con cui ora dividono la coalizione; ora che appoggiano (nascondendo la mano) le stesse cose in nome delle quali avevano fatto volare gli stracci.

Il re non è nudo, è vestitissimo. Da pagliaccio. Sono lì in nome del cittadino? Ma dai. Sono lì perché gli piace, perché adorano andare in tv, perché la politica italiana è diventata un talent show, perché appartengono alla più trasversale delle caste della nostra videocrazia: quella dei vip televisivi. E allora diventa difficile dare torto a Beppe Grillo quando vieta ai suoi candidati di accomodarsi anche loro alla corte di Vespa & co., perché questo li renderebbe automaticamente meno “cinque stelle” di quanto non siano, o non dicano di essere. Ma questo è il meno. In quella che in codesti salotti televisivi viene bollata come “l’antipolitica di Grillo” – ma in realtà è una feroce crociata anticasta, considerato come i politici hanno ridotto la politica italiana – c’è una fortissima radice antitelevisiva, una radice che viene da lontano.

Date alla mano, Beppe Grillo smette di essere un comico per diventare un politico nel preciso momento in cui abbandona la televisione; ovvero nel preciso momento in cui anche Silvio Berlusconi smette di essere imprenditore per diventare politico; lui però, più che scendere in campo, scende in video. Il 2 dicembre 1993, con l’ultima puntata del Beppe Grillo show, il comico genovese abbandona per sempre le reti Rai e Mediaset. Meno di un mese dopo, il 26 gennaio 1994, Silvio annuncia a reti unificate la fondazione di Forza Italia. Non ce lo scolleremo più di dosso, e quell'invasione di campo avrà la forza di un imprinting che contagerà tutta la Seconda Repubblica. Il berlusconismo consiste anche nel trasformare i politici in uomini di salotto e di governo, e nella parallela proliferazione di salotti e boudoir catodici di cui diventare le starlette quando non si é impegnati a ricevere favori a propria insaputa. Da quello stesso momento, Grillo inizia una vita parallela antitelevisiva, da showman al confino. I suoi recital teatrali per l’Italia vanno regolarmente esauriti, si diffondono dvd samizdat e gruppi di ascolto clandestini. Arriva la rete; Grillo se ne impossessa subito, sul serio (tutto il contrario dei politici che oggi vediamo impegnati nel ridicolo inseguimento della moda Twitter), e dal suo blog nasce il Movimento Cinque Stelle.

Questa non è antipolitica; questa è antitelevisione. Questo è rifiuto della società dell’avanspettacolo e dei suoi araldi. I quali, invece di trascorrere le giornate nei salotti tv sparando a zero sull’antipolitica e sul qualunquismo, forse farebbero meglio a interrogarsi su quanto gli giovi insistere imperterriti a pontificare in video, e in particolare a sparare su chi in televisione non ci va.

Nanni Delbecchi - 10 maggio 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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