sabato 19 maggio 2012

Caso Orlandi: un quinto indagato, il prete di Sant'Apollinare

DON PIERO VERGARI SAREBBE IL CUSTODE DEI SEGRETI DI SANT’APOLLINARE
Per la scomparsa di Emanuela c’è un quinto inquisito: don Piero Vergari, ai tempi del rapimento rettore della basilica dove fu sepolto il boss De Pedis. E dove la ragazza fu vista per l’ultima volta

Per la scomparsa di Emanuela Orlandi c’è ora un quinto indagato. Un prete, l’unico in grado di chiudere il cerchio di un’inchiesta “corsara” che indaga sul mistero della tomba di Renatino De Pedis nella cripta di Sant’Apollinare. Sotto la riga blu, che copre l’omissis, c’è il nome di don Piero Vergari, in quegli anni rettore della basilica minore, dal 1992 passata all’Opus Dei, all’epoca dipendente dal Vicariato di Roma e cioè dal cardinale Ugo Poletti.

Atto dovuto, liquida rapidamente la “fonte”. Ma, la recente iscrizione del parroco, precede di pochi giorni la decisione della Procura di Roma di varcare la soglia del sagrato, tra piazza Navona e il Senato, scendere nei sotterranei inviolati e aprire quel sarcofago tempestato di zaffiri attorno al quale, in un delirio di curiosità e legittimi interrogativi, è andata crescendo la convinzione che soltanto lì è racchiusa la verità. Non soltanto sulla scomparsa di Emanuela, ma su inaccessibili segreti vaticani a fronte dei quali gli intrighi romanzeschi di Dan Brown impallidiscono. Unico dato certo è che fu Vergari a sollecitare il trasferimento a Sant’Apollinare della salma di De Pedis, ucciso il 2 febbraio in via del Pellegrino, con una lettera al cardinal Poletti che vergò il nulla osta in tempi rapidissimi. I resti del boss, riemersi quasi intatti dall’umido abitacolo, sono lì dal 20 marzo 1990. Ma Sant’Apollinare è anche la chiesa dove per l’ultima volta fu vista Emanuela, il 22 giugno 1983, prima che sparisse nel nulla. “Quell’indegna sepoltura rappresenta lo snodo del patto tra Stato, Chiesa e criminalità”, ha detto lunedì scorso Pietro Orlandi, sul piazzale della chiesa dove è tornato dopo 29 anni per assistere alla riapertura della tomba. Da anni il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e il pm Simona Maisto indagano su una strana pista che lega la scomparsa della ragazzina a un “ricatto” nei confronti di Wojtyla.

Mafia e malavita romana beffati dal Vaticano e pronti a tutto per rientrare di 250 miliardi di vecchie lire che i boss avevano riciclato nelle casse dello Ior. Soldi che il papa avrebbe utilizzato per finanziare Solidarnosc, il sindacato polacco di Walesa. Atto dovuto l’iscrizione di don Vergari, ma conferma della pista Ior. A indicarla era stata nel 2009 Sabrina Minardi, l’ex amante di Renatino. “La ragazza è morta, ho visto Sergio gettare due sacchi nella betoniera in un cantiere a Torvaianica... quando siamo tornati a casa gli ho chiesto chi era. Che te lo devo dì io, mi rispose”. Quello di Emanuela era un rapimento “indicato” da qualcuno molto in alto, dice la donna. Da chi?

“ Da Marcinkus... doveva creare scalpore, come la morte di Calvi, così chi doveva capi’ capiva”. Frasi apparentemente sconclusionate, ma non del tutto: l’anno prima la mafia aveva ucciso Roberto Calvi. Ora gli imputati di quel processo sono stati tutti assolti, ma agli atti restano i legami incrociati tra siciliani e romani: Calò era amico di De Pedis, considerato “l’uomo del Vaticano” come l’augusta sepoltura conferma.
Ora non è più soltanto Sabrina ad affermare che Emanuela era stata rapita da De Pedis. Molti personaggi legati alla banda della Magliana lo hanno confermato: da Maurizio Abbatino, a Fabiola Moretti, fino a Nino Mancini, l’Accattone che nell’intervista di martedì scorso al Fatto Quotidiano ha detto: “Bisognava decidere se far ritrovare qualche cardinale in una pozza di sangue o mandare un segnale forte, abbiamo scelto la seconda strada”. Un segnale che Marcinkus deve aver recepito: forse il cardinale da far ritrovare “nella pozza di sangue” era lui. Anche Sabrina è indagata, ha ammesso di averla tenuto in ostaggio Emanuela in un appartamento a Torvaianica.

Con lei ci sono altri tre pregiudicati iscritti con l’accusa di sequestro di persona aggravato dallo scopo di estorsione, dalla conseguente morte dell’ostaggio e dalla minore età della vittima. Tutti a piede libero, tranne Sergio Virtù, in carcere per altro reato, l’uomo che avrebbe occultato il cadavere a Torvaianica. L’uomo ha sempre negato, ma ad accusarlo c’è anche la testimonianza di una donna polacca un tempo legata a lui. Ci sono poi due fedelissimi di De Pedis, Ci-letto e Giggetto, alias Angelo Cassani e Gianfranco Cerboni. Sospettato di aver avuto un ruolo marginale è anche Giuseppe De Tomasi, l’ex commercialista di Renatino che ha aggredito Federica Sciarelli, nell’ultima punta di Chi l’ha visto. Una perizia afferma che sarebbe Mario “il barista”, il telefonista anonimo. Se non fosse morto nel 2006 la Procura di Roma avrebbe iscritto anche Marcinkus per concorso in sequestro? Sospetto fondato, ma la prescrizione è dietro l’angolo. Il prossimo anno saranno 30 anni che Emanuela è scomparsa.

Rita Di Giovacchino - 19 maggio 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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